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cronaca

Climate change, il destino dell’accordo di Parigi e i numeri sui gas serra

Fuori dall’Accordo di Parigi sul clima. Potrebbe essere questa la decisione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Non c’è ancora la conferma ufficiale. La decisione, quando sarà formalizzata, sarà del tutto allineata con quelle dei suoi predecessori: gli Stati Uniti non hanno mai portato a ratificare alcun accordo climatico. Non Barack Obama in due mandati presidenziali, non George Bush, non Bill Clinton il cui Senato bocciò la ratifica del Protocollo di Kyoto da lui firmato. La prevedibile decisione di Trump spinge la Cina ad avvicinarsi all’Europa in una politica climatica condivisa, lasciando gli Usa in un dorato isolamento politico. Qui l’articolo che spiega cosa accadrebbe se gli Stati Uniti facessero marcia indietro sugli accordi di Parigi. Qui trovate l’analisi sul ruolo degli Stati Uniti all’interno dell’accordo di Climate Interactive.

 

Qui il sito della Nasa dedicato al cambiamento climatico 

L’Ue dal 1990 al 2014 ha già ridotto le sue emissioni di gas serra del 23%, superando quindi il target fissato del 20% per il 2020, ma per arrivare all’obiettivo del 40% per il 2030 dovrà fare molto di più. É l’indicazione dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), secondo cui con le attuali misure gli europei nel 2030 arriveranno ad un taglio del 24% e aggiungendo quelle già pianificate al 25%. Per questo Bruxelles ha già in cantiere nuove normative, a partire dalla riforma del mercato europeo delle emissioni.
Ricordiamo che entro il 2050, le emissioni di gas a effetto serra (GES) devono essere ridotte del 40% ‑70% rispetto ai livelli del 2010 e devono registrare valori prossimi allo zero o negativi entro il 2100 per contenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2°C. Qui trovate lo studio dell’Ocse dal titolo Climate Change Mitigation
Il rapporto  esamina i 34 membri dell’OCSE più Brasile, Cina, Colombia, Costa Rica, India, Indonesia, Lettonia, Lituania, Russia e Sud Africa, e il blocco UE, che insieme rappresentano più dell’80% del globale gas a effetto serra (GHG). Il rapporto rileva che un numero crescente di questi paesi hanno stabilito gli strumenti carbonio-pricing, tagliare sussidi per i combustibili fossili, ha investito in ricerca e sviluppo per le tecnologie verdi, foreste protette e riduzione delle emissioni delle fabbriche, aziende agricole e discariche. Quasi tutti sono diminuite emissioni di gas serra per unità di PIL. 27

I costi della salute. 

Oltre quattrocentomila morti e fra i 330 e i 940 miliardi di euro in termini di costi per la salute. Queste alcune stime dei danni provocati ogni anno in Europa dall’inquinamento dell’aria, che accompagnano la proposta della nuova direttiva al vaglio della prossima plenaria dell’Europarlamento. Le regole, che dividono gli eurodeputati e sollevano preoccupazioni specie fra ambientalisti e agricoltori, sono quelle sui tetti nazionali delle emissioni (NEC), in particolare per anidride solforosa (SO2), ossidi di azoto (NOX), composti organici volatili non metanici, micropolveri sottili (Pm 2.5), ma anche ammoniaca e metano. La bozza degli eurodeputati include target vincolanti sia per il 2025 che per il 2030. L’obiettivo della proposta iniziale della Commissione europea era quello di dimezzare il numero dei morti provocati dagli inquinanti, che nell’Ue uccidono dieci volte di più degli incidenti stradali. L’Italia da sola potrebbe risparmiare almeno 7 miliardi di euro nel 2025, considerando la stima di almeno 47 miliardi l’anno di costi per la salute, dall’assistenza sanitaria alle giornate lavorative perse.