Mettere i dati di Facebook a disposizione delle organizzazioni umanitarie per aiutarle ad intervenire in maniera più efficace negli scenari di crisi. Dopo un disastro naturale, sapere dove si trovano le persone, in quale direzione si stiano muovendo e in quali aree abbiano effettuato il Safety Check, attivato dal social network in occasioni del genere, può essere cruciale per chi è chiamato a prestare soccorso. E la notizia è che l’azienda di Mark Zuckerberg ha deciso di mettere a disposizione questi dati, lanciando quelle che ha battezzato Facebook Disaster Maps.
Ma come riesce a raccogliere i dati per costruirle? Ovviamente attraverso gli smartphone. Meglio, grazie a quegli utenti che hanno attivata, in contemporanea, l’app di Facebook e la geolocalizzazione. Visualizzando la mappa dei Safety Check, i soccorritori possono capire dove si trovino i sopravvissuti. Ed intervenire di conseguenza. Ma questo è solamente l’utilizzo più immediato di un sistema che è stato testato analizzando i dati raccolti durante l’alluvione che ha colpito Piura, in Perù, nello scorso mese di marzo.
Un elemento che può aiutare le organizzazioni umanitarie ad intervenire al meglio riguarda la collocazione delle persone. Capire cioè dove si trovino, prima che abbiano annunciato via social di essere al sicuro, permette di indirizzare i soccorsi dove più ce n’è bisogno. In questo caso, il punto è capire le deviazioni rispetto alle situazioni normali. Per questo i dati sul numero di persone presenti in una determinata area vengono confrontati con quelli relativi alle tre settimane precedenti. In questo modo, garantisce Zuckerberg, si ha la certezza che eventuali cambiamenti siano legati al disastro in corso.
E lo stesso meccanismo viene utilizzato anche per normalizzare l’ultima delle tre mappe pensate a Palo Alto perché siano utili nella gestione delle crisi. Ovvero quella che mostra verso quali luoghi si stanno spostando gli utenti. Visualizzare movimenti diversi rispetto a quelli consueti consente insomma di capire quali siano effettivamente siano dovuti all’emergenza.
Tutto questo pone ovviamente un problema di privacy. Che probabilmente non sarà così rilevante per le persone che si trovano a vivere un’emergenza, ma che Facebook assicura comunque di aver preso in considerazione. I dati saranno aggregati, così che non si possano identificare gli utenti. E nemmeno conoscere le esatte coordinate della loro posizione. Sarà invece fornito il numero di utenti presenti in un’area di 360 metri quadrati. Il che, allo stesso tempo, li rende anche maggiormente utilizzabili da parte delle organizzazioni impegnate sul campo.
Il passo successivo si svolgerà in collaborazione con organizzazioni come Unicef, World Food Programme e Croce Rossa, chiamate a valutare l’effettiva efficacia delle Disaster Maps e a proporre eventuali correttivi. Dopodiché, in caso di disastro naturale, i soccorritori avranno a disposizione questo strumento per rendere più efficace la loro azione.