Il diritto delle donne all’interruzione di gravidanza previsto dalla 194 è garantito in Italia? La domanda non è oziosa visto che gli stessi dati del Ministero della Salute, divulgati alla fine del 2016, indicano un consistente aumento nell’ultimo decennio dell’obiezione di coscienza tra i ginecologi ormai stabile al 70%.
La domanda che però forse interessa di più alle donne che devono sottoporsi a questo intervento è se nell’ospedale di loro preferenza c’è un medico che pratica interruzioni di gravidanza. Nonostante gli appelli della Laiga a pubblicare le informazioni su quali centri praticano Ivg e su quanti sono i medici obiettori, rimane ancora difficile avere una fotografia dettagliata per Asl. Il Ministero pubblica solo dati aggregati che evidenziano comunque situazioni allarmanti, con regioni come Alto Adige, Campania e Molise dove l’Ivg è praticata in meno del 30% delle strutture.
Approfittando della nuova legge sull’accesso generalizzato, il cosiddetto Foia, varato l’anno scorso dal governo Renzi, e del monitoraggio lanciato dall’associazione Diritto Di Sapere, abbiamo quindi chiesto a 162 Asl italiane (il 72% del totale) quanti ginecologi avessere nel loro staff medico, quanti fossero gli obiettori di coscienza all’applicazione della 194 e, per testare la trasparenza, i nomi dei medici obiettori.
Il risultato è stato sorprendente per due ragioni, entrambi inquietanti.
La prima – ed è una brutta sorpresa – è il bassissimo tasso di risposta delle Asl. Nonostante il Foia, voluto fortemente dal Ministro Madia, preveda che le amministrazioni debbano rispondere entro 30 giorni, appena il 17% lo ha fatto e il 70% non ha mai replicato alla richiesta. Tra chi ha risposto una fetta consistente (38%) lo ha fatto in 31 giorni, ma ci sono anche punte estreme di 182 giorni come per la Asl di Napoli 1 che ha fornito i dati richiesti con cinque mesi di ritardo.
La seconda sopresa è che, mentre 45 Asl hanno negato i nomi dei medici obiettori in base alla privacy, due enti (ASP 3 di Catania e ATS Insubria di Varese) ci hanno indicato i nomi dei medici obiettori mentre un terzo (ASP 9 di Trapani) ci ha dato solo le iniziali dei nomi e dei cognomi degli obiettori.
Su come interpretare la nuova legge del Foia le pubbliche amministrazioni hanno ricevuto indicazioni grazie alle linee guida di Anac e il Ministero ha recentemente pubblicato una circolare sul Foia che speriamo aiuti a sensibilizzare le pubbliche amministrazioni italiane sul rispetto dei tempi (il rapporto “Ignoranza di Stato” di Diritto Di Sapere ha mostrato che il 70% di non risposta è purtroppo la media nazionale), ma sull’interpretazione della privacy abbiamo sentito il Garante della Privacy.
“La scelta dell’obiezione di coscienza non è un dato personale come gli altri – spiega il Garante – ma un’informazione particolarmente delicata che rientra nella categoria dei dati sensibili, tra i quali sono comprese le informazioni che possono rivelare convinzioni religiose, filosofiche o d’altro genere, ivi inclusa appunto la manifestazione dell’obiezione di coscienza. A tali informazioni la normativa sulla protezione dei dati personali riserva una tutela rafforzata”.
Sulla variabilità da parte delle PA nell’interpretazione della privacy il Garante spiega che: “Ci troviamo in una fase di prima applicazione di una normativa complessa che innova, rispetto al passato, il regime di accessibilità dei documenti e dei dati detenuti dai soggetti pubblici e richiede una valutazione caso per caso e la necessità di trovare un corretto bilanciamento tra obblighi di trasparenza e diritti delle persone. Penso sia necessario concedere un po’ di tempo alle amministrazioni per entrare a regime. Nelle linee guida dell’Anac, del resto, si prevede di effettuare un monitoraggio sull’applicazione data alle norme da parte delle amministrazioni e di aggiornare dopo un anno le stesse linee guida alla luce dell’esperienza maturata e delle prassi adottate”.
La risposta è francamente soprendente visto che il Foia è legge dal giugno 2016 e le pubbliche amministrazioni hanno avuto sei mesi per adeguarsi alle nuove norme, entrate pienamente in vigore il 23 dicembre 2016.
“Alle linee guida dell’Anac – sottolinea il Garante – va riconosciuto il merito di aver cercato proprio quel bilanciamento di cui parlavo, dando le prime indicazioni operative sulle eccezioni alle regole delle generale accessibilità degli atti e delle informazioni previste dal Foia. Nel caso che qui stiamo esaminando, le Linee guida sono particolarmente utili perché segnalano la necessità di prendere in considerazione, nella valutazione del possibile pregiudizio che possano subire gli eventuali controinteressati dalla diffusione di talune informazioni, anche la natura dei dati personali oggetto della richiesta di accesso civico. Quanto alle procedure da mettere in atto, va ricordato che il decreto legislativo n. 33 del 2013 prevede che l’amministrazione a cui è indirizzata la richiesta di accesso sia tenuta a dare comunicazione agli eventuali controinteressati, i quali entro dieci giorni possono presentare opposizione motivata. Sarà poi l’amministrazione, come dicevo, a valutare la sussistenza o meno di un possibile pregiudizio per i controinteressati”.