Dalle elaborazioni dell’istituto di studi e ricerche Lab della Fisac-Cgil, emerge che dall’accordo del 23 luglio 1993 ad oggi, 24 anni dopo, i salari sono fermi. All’inizio della crisi, nel 2007, il salario reale di fatto era di 30mila euro lordi annui in media mentre nel 2017 è pari a 29.100 euro. C’è stata una perdita mensile di 75 euro, e senza crescita, aumentano le diseguaglianze nel paese e nel lavoro. Diseguaglianze che sono rappresentate nel fatto che il 20% della popolazione detiene il 70% della ricchezza nazionale, mentre il 60% della popolazione vive con il 13% della ricchezza nazionale, secondo Lab. A queste diseguaglianze macro, si aggiungono le diseguaglianze geografiche e di genere: salari più bassi percepiscono le donne rispetto agli uomini (-20%), i lavoratori al Sud, rispetto alla media nazionale (-14%) e i giovani (-21%), i precari (-23%) e gli immigrati (-20%). Essendo cresciuto il salario nominale sono cresciute anche le tasse per cui il paradosso è che i contratti nazionali hanno consentito una buona tenuta salariale, ma i salari netti sono rimasti fermi a 20 anni fa, e «un lavoratore in media paga 215 euro al mese di tasse in più».