Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, tempo fa ha raccontato un aneddoto che la dice lunga sul rapporto che abbiamo con il nostro debito pubblico e su come, per questo, siamo considerati in Europa. Rievocando un incontro avuto con Hans Tietmeyer poco prima che morisse, nell’autunno del 2016, Visco ha riferito una frase emblematica del banchiere che fu presidente della Bundesbank tra il 1993 e il 1999. Disse Tietmeyer: «Carlo Azeglio Ciampi ci aveva promesso che nel 2010 l’Italia avrebbe avuto uno stock del debito sul Pil pari al 60%. Oggi siete al 130%. Dunque, non siete affidabili».
Il flash con l’analisi dinamica di lungo periodo (1996-2016) del debito/Pil pubblicata giorni fa dall’UpBilancio ci racconta quanto ci è costato non mantenere quella promessa. Tra il 2008 e il 2016, anni che hanno visto alternarsi due recessioni profonde, il rapporto è cresciuto del 32,8% per colpa di una spesa per interessi che ha contribuito a farlo crescere di 41 punti, mentre altri 8 punti sono arrivati dall’aggiustamento stock-flussi, vale a dire la differenza tra la variazione del debito e dell’indebitamento netto, su cui negli anni della crisi hanno pesato anche gli esborsi dell’Italia per il sostegno finanziario dei paesi dell’eurozona più in difficoltà. A controbilanciare la crescita del debito/Pil sono stati l’avanzo primario (-11 punti) e la debole crescita nominale (ovvero il Pil a prezzi correnti; -5 punti).
Nell’Info Data si può scomporre il debito e compararlo rispetto agli altri Paesi. Qui sotto è rappresentato il rapporto debito / Pil dal 1996 al 2016. I dati sono in %I dati sono dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Li potete trovare in una Info Data qui.
Semplificando: nonostante gli sforzi fatti per mantenere un avanzo primario anche negli anni più bui, la recessione ha fatto crescere il debito/Pil. Si poteva fare meglio? Certo. Se per esempio non avessimo azzerato l’avanzo primario dei primi anni del Duemila (era attorno al 4%) avremmo avuto più margini per sostenere la crescita nominale con politiche fiscali espansive quando ce n’era bisogno negli anni più recenti. E il debito/Pil, con più crescita, si sarebbe ridotto. E’ andata diversamente, com’è noto. In compenso abbiamo messo in Costituzione, nel 2012, l’impegno formale al pareggio strutturale di bilancio, obiettivo poi sempre rinviato e da ultimo fissato nel 2019, anno in cui il debito/Pil è programmato al 128,2%, quattro punti più basso di oggi. Non sappiamo se questo nuovo obiettivo, pubblicato nell’ultimo Def, può essere considerato credibile. Diversi contributi dovrebbero concorrervi, a partire da una più robusta crescita dell’economia da realizzare senza far ripartire il deficit. Intanto non ci resta che leggere il report dell’Upb, dove s’impara come altri Paesi siano riusciti nell’impresa di ridurre più incisivamente il loro debito pubblico. E’ una lezione che vale la pena seguire.