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finanza

Telecom, perché i ricavi delle big europee sono fermi

La diffusione di massa degli smartphone e l’impiego sempre più massiccio di internet in mobilità sono eventi che hanno stravolto la vita e le abitudini dei consumatori in ogni parte del mondo. I due settori più direttamente coinvolti da questa trasformazione sono la tecnologia e le telecomunicazioni.
Pur avendo giocato un ruolo ugualmente importante nel veicolare la rivoluzione tecnologica questi due settori non ne hanno raccolto in egual misura i frutti. Se i big tecnologici americani come Apple, Google, Facebook, Amazon e Microsoft si sono affermati come soggetti dominanti in Borsa grazie alla loro capacità di trarre profitto da questi cambiamenti conquistando posizioni di semi-monopolio, le telecom non sono state capaci di correre tanto.
Se è vero che oggi come non mai la comunicazione svolge un ruolo importante nella vita di cittadini e aziende è anche vero che internet viene sempre più percepito come una «commodity». Un servizio uguale per tutti per cui si tende a spendere il meno possibile. La competizione al ribasso sui prezzi ha inevitabilmente condizionato il settore. Per farvi fronte i big delle telecomunicazioni hanno spostato la competizione sul piano dei contenuti. Ciò tuttavia non ha avuto un impatto importante sui ricavi che sono rimasti sostanzialmente fermi. Nel primo semestre di quest’anno così come in quelli precedenti. Sebbene la rivoluzione di internet in mobilità passi attraverso l’infrastruttura dei colossi delle telecom la rete ha costituito una minaccia per il tradizionale business della telefonia. Il caso più eclatante riguarda la messaggistica. «Oggi circa l’80% del traffico mondiale passa attraverso WazzApp, Viber e iMessage di Apple – segnala Pwc in un recente rapporto – mentre Skype rappresenta ormai un terzo del minutaggio per le chiamate internazionali. Tutto ciò – stima Pwc – si traduce in un calo del 30% dei ricavi da sms, del 20% del traffico per le chiamate internazionali e del 15% delle tariffe di roaming». Quest’ultima fonte di ricavi, nel caso delle società che operano nell’Unione europea, è peraltro destinata a ridursi nei prossimi anni dopo la decisione della Ue di eliminarle a partire da giugno di quest’anno. Una decisione che, secondo le stime di Bloomberg avrà un impatto negativo tra l’1 e il 2% sul fatturato di quest’anno.
Concorrenza, incognita regolamentare, nuovi modelli di business da inventare… Benché le tlc svolgano un ruolo cruciale nelle trasformazioni che stiamo vivendo fare business in questo campo non è per nulla semplice. Se un tempo acquistare in Borsa azioni di società di telecomunicazioni significava avere la sicurezza di un investimento in un settore dai solidi flussi di cassa e dai dividendi generosi oggi le prospettive non sono più così chiare. Con i ricavi sotto pressione l’unica strada per mantenersi profittevoli è tenere sotto controllo i costi. E remunerare meno gli azionisti. Nel 2011 – stando a un’elaborazione de Il Sole 24 Ore su dati S&P Market Intelligence le 10 maggiori società europee hanno distribuito cedole per un totale di 26,5 miliardi di euro. Lo scorso anno il monte cedole è sceso a quota 15,8. In questo contesto la posizione debitoria delle 10 big europee infine è peggiorata.
Se cinque anni fa – segnala S&P Market Intelligence – avevano in media un rapporto tra debito netto ed Ebitda di 2 volte oggi la leva finanziaria è salita a 2,3 volte.

Nei grafici preparati da Active Value Advisors per Infodata Blog una panoramica delle maggiori società europee del settore Telecomunicazioni secondo i principali indicatori di bilancio e di mercato e un focus sulle singole società con le previsioni future sull’andamento dei ricavi implicite nel valore delle azioni in Borsa.