L’Italia, entrata nel 2015 nella recessione demografica, anche l’anno scorso ha proseguito il trend negativo: la popolazione residente è infatti calata di 76mila unità (-0.13%).
Il risultato è frutto della diminuzione delle nascite (sotto quota 500mila), in costante crisi a partire dal 2009 quando erano 100mila in più di oggi e in linea con il numero dei decessi. A partire da quella data, invece, a un tracollo della natalità si è aggiunto un aumento delle morti, rendendo amaro il conto finale del 2016: -140mila in tutto, come se scomparisse una intera città delle dimensioni di Salerno.
Come nel 2015, anche lo scorso anno questo elemento è stato solo parzialmente mitigato dagli altri fenomeni. L’immigrazione di 260mila stranieri e il rimpatrio di 40mila italiani che vivevano fuori dai confini nazionali non basta a salvare la demografia: 115mila cittadini hanno deciso di lasciare l’Italia per andare all’estero e sono stati seguiti nella stessa scelta da 42mila stranieri che vivevano nella Penisola.
Le regioni contribuiscono diversamente al risultato finale e tuttavia il saldo naturale, cioè la differenza tra nascite e morti, è positivo solo in Trentino-Alto Adige; in fondo alla classifica compare il Piemonte, con -20mila unità.
Il saldo complessivo, che tiene invece conto degli spostamenti interni al territorio, vede positive oltre al Trentino-Alto Adige, sono Lazio, Lombardia ed Emilia-Romagna. Le regioni la cui popolazione è maggiormente calata sono la Basilicata e il Molise: in soli dodici mesi hanno perso un abitante ogni 200, per cause naturali o per spostamenti, sul territorio o all’estero.
Fonte dati: Istat
Articolo uscito a giugno 2017