Casa Milan è il museo più social d’Italia. O meglio, quello che più degli altri riesce a generare engagement tra i propri follower. Certamente aiuta il fatto che non espone opere d’arte ma i trofei conquistati dai rossoneri. E che ha un bacino di milioni di tifosi. Ma questo dicono i numeri.
A raccoglierli è stato l’Osservatorio sull’innovazione digitale nei beni e attività culturali del Politecnico di Milano. Che, in un rapporto presentato la scorsa settimana, ha monitorato la presenza sui social network dei 4.976 musei italiani. Il risultato è che il 52% di queste realtà è presente su almeno una delle tre principali piattaforme. Nello specifico, il 51% ha una pagina Facebook, il 31% cinguetta via Twitter, il 15% pubblica immagini su Instagram. Mentre solo il 13% utilizza tutti e tre questi canali.
Lo studio ha preso in considerazione i post pubblicati tra giugno e novembre dello scorso anno. Misurandone innanzitutto la popularity, intesa come il numero medio dei like al singolo post (o dei cuoricini per Twitter e Instagram) diviso il numero dei like della pagina, o dei follower, moltiplicato per mille. Per Facebook e Twitter è stata inoltre calcolata la virality. Ovvero la media di condivisioni o retweet dei post diviso il numero di like alla pagina o follower moltiplicato per mille. Mentre per il social delle fotografie è stato quantificato il commitment. Sarebbe a dire il valore medio dei commenti fratto i follower e moltiplicato mille.
Il risultato è quello rappresentato nell’infografica, dove le bolle sono dimensionate rispetto alla popoluarity, alla virality e al commitment. È possibile selezionare il parametro con il filtro all’interno dell’infografica. Così come un altro filtro consente di selezionare le dimensioni dei musei, intese come numero di visitatori l’anno. Le bolle diventano tanto più scure quanto più è alto il numero dei post analizzati.
Il primo aspetto che salta all’occhio è che l’engagement non sia una questione di qualità, ma di quantità. Le interazioni maggiori appaiono infatti inversamente proporzionali al numero di post pubblicati. L’esempio lampante è rappresentato appunto da Casa Milan. Che su Facebook, le statistiche si trovano sulla prima pagina dell’infografica, raggiunge una popularity di 256,3 pur se sono solo 22 i contenuti esaminati dall’Osservatorio del Politecnico. All’estremo opposto, sul social di Palo Alto, ecco il museo delle Culture di Milano che, nonostante gli 805 post, ha ottenuto una popularity di appena 0,6.
La virality, ovvero la capacità dei post di essere condivisi, premia sempre i rossoneri, anche se con un equilibrio maggiore in confronto agli altri musei rispetto alla situazione descritta dall’altro indicatore. Popularity che, spostandosi su Twitter, incorona il Palazzo Massimo alle Terme di Roma, la Galleria nazionale delle Marche e i Musei vaticani. Che hanno ottenuto rispettivamente un valore di 6,39, 5,99 e 4,35. Anche in questo caso, vale il discorso su quantità e qualità. Il portale dei musei in comune di Roma, con oltre 4mila post, non è andato oltre una popularity di 0,03.
Guardando alla virality, ovvero alla quantità di retweet in proporzione ai follower, il risultato migliore è quello dell’account del Palazzo Ducale di Mantova. I cui 270 tweet analizzati dall’Osservatorio hanno generato una virality pari a 47,08. A “vincere” su Instagram è l’account che pubblica le immagini dei Mosaici di Ravenna, con una popularity che supera quota 119. Mentre sul fronte del commitment il risultato migliore è della Fondazione museo dell’industria e del lavoro di Brescia, che ottiene un valore pari a 4,64. Anche quando è argomento da museo, insomma, il lavoro è un tema che fa discutere.
Infine, nella quarta pagina dell’infografica, Infodata ha provato a mettere a confronto da una parte la popularity, dall’altra virality e commitment. Intendendo la prima come un’interazione più immediata, visto che si realizza con un semplice click. E le seconde come un’interazione più complessa, dal momento che richiedono più click o, nel caso di Instagram, la scrittura di un testo. Il risultato è che per i musei italiani Twitter è il mezzo migliore per generare un’interazione più complessa, visto che i valori di virality sono di norma superiori a quelli di popularity. Mentre su Instagram sono più comuni i like dei commenti. Facebook si pone a metà tra i due, anche se con una tendenza maggiore verso la virality. Risultati che certamente sono dettati anche dalla natura delle singole piattaforme. Ma capaci di fornire indicazioni a chi gli account social dei musei censiti dall’Osservatorio si trova quotidianamente a gestirli.