Il divieto a coltivare piante geneticamente modificate (Ogm) è giustificato solo in presenza di prove scientifiche sulla loro nocività per la salute umana. Con questa sentenza, la Corte europea di Giustizia sancisce un principio a favore del ricorso presentato anni fa da un coltivatore friulano, Giorgio Fidenato, perseguito dalla giustizia italiana per aver coltivato, nel 2014, mais Ogm nonostante il divieto istituito nel 2013. Un principio che rinfocola la polemica tra sostenitori o meno delle coltivazioni geneticamente modificate e sulla loro pericolosità per la salute dell’uomo. Un dibattito mondiale che da trent’anni vede contrapposti scienziati, agronomi, ricercatori, ambientalisti, agricoltori, senza tuttavia arrivare a una posizione definitiva. È anche su questa linea che nel 2015, la stessa Commissione Ue, emanò una direttiva che introdusse la libera scelta dei singoli Stati membri. E a oggi sono diciotto – Italia compresa – i Paesi nei quali è vietata la coltivazione di piante geneticamente modificate. Non altrettanto avviene negli altri Paesi del mondo, dove le sementi Ogm – mais, cotone, soia, ortaggi – sono coltivati largamente e i cui derivati, sotto forma di materie prime o semilavorati, arrivano comunque sui mercati europei.