Oltre 17 milioni di euro raccolti negli ultimi due anni, grazie a un ultimo round da sette milioni sottoscritto da investitori privati, tra cui Guido Guidi (ex Novartis, che ora siederà nel board), e dal Club degli Investitori, il più grande network regionale di business angel italiano I numeri di Genenta Science, startup del biotech fondata da Pierluigi Paracchi con il San Raffaele e pronta ormai alla fase clinica sui pazienti, si specchiano nella grande dinamicità del comparto health, in cui sono evidenti gli sforzi di colossi tecnologici come Google e Apple. Le cifre, elaborate da Cb Insights, dei finanziamenti destinati nel 2016 alle startup attive in questo settore parlano da sole: 6,9 miliardi di dollari, rispetto ai 2,5 miliardi del 2013. Il dato che più impressiona è però quello relativo alle stime per l’anno in corso, quando gli investimenti nel capitale delle nuove imprese supereranno i 10,3 miliardi, per circa un migliaio di deal. Il consuntivo di fine luglio, a riprova di un trend di crescita poderoso, era già arrivato a quota 5,8 miliardi, grazie soprattutto all’exploit del secondo trimestre, con circa 3,2 miliardi di dollari raccolti in 290 operazioni. «Intelligenza artificiale, realtà virtuale, connettività mobile e avanzate soluzioni di analytics predittive stanno cambiando l’assistenza sanitaria, e questo sta creando un’ondata di innovazione come non abbiamo mai visto» ha osservato Unity Stoakes, presidente di StartUp Health, società indipendente che monitora il panorama dei finanziamenti in questo mercato.
A fare rumore, nei primi mesi dell’anno, sono state operazioni come quella di Grail, capace di raccogliere 914 milioni di dollari (con un round series B) da un pool di investitori tra cui Amazon e Johnson & Johnson Innovation. Oppure Outcome Health, il cui aumento di capitale da 500 milioni ha visto scendere Goldman Sachs.
Molti i botti da qualche centinaio di milioni di dollari, sottoscritti da una lunga e variegata lista di Vc, corporate venture capital e investitori istituzionali, segno che il settore promette ancora molto. Significativo, in proposito, il fatto che i finanziamenti di tipo “early stage” (fra seed e round Series A) siano rimasti sostanzialmente stabili negli ultimi quattro anni, senza mai scendere sotto il 54% del totale.
Quello della sanità digitale è un ecosistema con basi consolidate ma che ha registrato finora poche grandi exit. Le grandi compagnie private puntano ad acquisire le startup ma solo in presenza di un reale valore aggiunto, impossibile da replicare all’interno dell’organizzazione. Guardando sempre ai numeri di Cb Insights, comunque, le operazioni di fusione e acquisizione sono state (dal 2013 in poi) non meno di una trentina a trimestre; fra quelle perfezionate quest’anno spicca il nome di CoverMyMeds, comprata dal gigante farmaceutico californiano McKesson per 1,4 miliardi di dollari. Fra i top spender anche una firma eccellente del mondo dell’informatica come Ibm, che ha investito a inizio 2016 circa 2,6 miliardi di dollari per portarsi a casa Truven Health Analytics.
E in Italia? Il panorama è alquanto frastagliato. Molte le iniziative nate e in attesa di sbocciare ma non mancano realtà che hanno saputo attrarre l’attenzione (e i capitali) di incubatori e investitori istituzionali. Aziende come Biobeats, Corehab, D-Eye, Horus Technology, Pedius, Win Medical, Yukendu e Xmetrics – tutte nate fra il 2010 e il 2016 e impegnate nella maggioranza dei casi nel segmento dei dispositivi medicali – hanno intercettato investimenti relativamente significativi.
Si tratta infatti di operazioni, stando ai dati raccolti da Mind The Bridge, che vanno da un minimo di 500mila a un massimo di 3,3 milioni di dollari, in buona parte sottoscritte da venture capital italiani quali Trentino Invest, Invitalia Ventures, Principia, Tim Ventures, Innogest e Zernike Meta Ventures. In due casi, Biobeats, startup pisana con sede anche a San Francisco, e Horus Technology, milanese, sono intervenuti Vc e business angel internazionali. Empatica, invece, è fra le prime imprese tech dell’healthcare oggetto di fusione: il merge con Phisio, spin off nato in seno al MediaLab del Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston, ha portato in dote oltre due milioni di dollari di finanziamento utili a continuare lo sviluppo di un braccialetto intelligente in grado di raccogliere i dati relativi agli stati emotivi delle persone.
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