Prendiamo tre anni che sono un periodo sufficiente per misurare l’innovazione incrementale dell’hardware presente nelle nostre “protesi” esistenziali. Accontentiamoci del dentro, dell’hardware, che vuol dire potenza di calcolo, display, batteria, peso, ecc. Insomma, quelle che comunemente definiamo specifiche tecniche e che interessano solo l’acquirente professionista, il prosumer l’acquirente un po’ tanto nerd e attento ad avere al minor prezzo le migliori performance e componenti all’avanguardia. Dedicheremo un secondo articolo ad analizzare invece le feature, le applicazioni, quello che si può fare e quello che la concorrenza non è in grado di fare. Il motivo? Non sempre la qualità dei servizi offerti è direttamente proporzionale al rapporto qualità-prezzo presente sotto il “cofano”. Anzi, nel mondo dell’elettronica di consumo connessa al web queste due variabili possono avere traiettorie diverse. Linux insegna.
Comunque, conclusa questa digressione occupiamoci di capire come e quanto sono cambiati gli smartphone top di gamma.
Display. Rappresenta il componente più costoso di uno smartphone (vale circa il 60% dei costi di produzione). Prima sorpresa: dopo anni di corsa arrembante, digerito il fenomeno phablet, gli smartphone trovano un loro punto di equilibrio. Quello che cambia e solo nell’ultima generazione è l’arrivo dei display 18:9 non ci porta schermi più grandi, ma telefonini più stretti. Il 18:9 (che permette di vedere meglio i video tipo Netflix per capirci) è iniziato con Lg, a ruota sono seguiti gli altri produttori, in ordine più o meno sparso e con lievi differenze. Apple, per fare un esempio, è in scia. Il suo display non è un 16:9 ma è più vicino al 2:1. Sul tipo di schermo invece si sta affermando sulla fascia alta l’Oled. Inseguendo Samsung anche Tim Cook si è deciso ad abbandonare con iPhone X lo schermo Lcd. L’ha chiamato Super Retina ma è un Oled. E rispetto al 2014 diciamo che è la novità più grossa.
Sul fronte della densità di pixel (Ppi) si passa da 326 dell’iPhone 5s al 570 del Samsung Galaxy S8. Quindi il salto in tre anni c’è tutto. Ma cosa misura il Ppi? La densità di pixel (PPI o pixel per inch) è un numero che rappresenta la quantità di pixel presenti per ogni pollice di un monitor, o meglio la concentrazione di pixel dello schermo. La PPI influenza molto la qualità dell’immagine rappresentata, dove una PPI più elevata indica un’immagine di qualità migliore. Va detto che è un indicatore di qualità, non quello definitivo. Conta, per esempio, anche come il dispaly “gestisce” le dinamiche della luce e i colori.
Memoria. La Ram è praticamente raddoppiata. Quella fisica, invece, per l’archivio di file, musica e video invece è passata da 12 a 32 e a 64 Gb. Per chi è insofferente al cloud e come una tartaruga vuole portarsi tutta la vita digitale dentro il telefonino c’è anche chi propone espansioni e formati da 128 Gb. Da questo punto di vista il progresso in tre anni è lineare.
Potenza del chip. Per fare un ragionamento minimo partiamo dall’ultimo arrivato: iPhone X. Il suo chip chiamato A11 Bionic utilizza 6 core e eguaglia la potenza dell’ultimo MacBook Pro 13 pollici. Nei test multi-core si arriva a un punteggio 9959. iPhone 8 invece si ferma a 8500. Per capire quanti siano elevati questi valori, basta fare un termine di paragone con altri dispositivi Android: Samsung S8: 6279 nei test multi-core; OnePlus 5: 6495; Huawei P10: 5973. Questo risultato, al di là del benchmark in laboratorio sarà confermato in termini di prestazione grazie alla proverbiale ottimizzazione dell’accoppiata software-hardware di Cupertino. Questo rappresenta uno svantaggio di non poco conto per i produttori che usano Android. Sarà interessante, in questo senso, seguire quello che succederà dopo l’acquisizione di un pezzo di Htc da parte di Google.
In ogni caso, alzando lo sguardo e guardano in mezzo si passa da un dual core a un quad core in meno di tre anni. In termini di Gflops se nel 2014 l’iPhone era potente come due Playstation 2 alla fine di quest’anno i telefonini raggiungono in media le prestazioni sotto il profilo grafico di una Ps4 ovvero dell’ultima generazione delle console domestiche.
La batteria. E’ la vera sfida tecnologica degli smartphone. Ma più di un problema ingegneristico è la progettazione dell’architettura energetica che conta. In altre, parole non si tratta di mettere batterie più potenti in spazi più piccoli ma di renderle adatte ad alimentare chip la cui potenza è cresciuta in modo verticale. L’arrivo di A11 Bionic e del chip di Huawei che adottano le reti neurali e quindi “ragionano” in modo diverso per far lavorare gli algoritmi di machine learning ci sarà la possibilità di abilitare servizi di intelligenza artificiale (vedi Face Id) che potrebbe richiedere potenza di calcolo (in cloud) e consumi energetici maggiori.
Alzando lo sguardo ancora una volta, ad oggi i Galaxy montano 3500 mAh. In tre anni le batterie sono quasi raddoppiate in termini di capacità energetica. Diverso è il discorso sull’autonomia che dipende più che dall’uso dagli applicativi utilizzati. E quindi dall’architettura.
Peso. A sorpresa sono mediamente ingrassati. Il peso negli ultimi anni non è un valore così aggiunto. Il motivo? Lo smartphone ha incominciato a essere molto bello e quindi a utilizzare materiali di pregio. La plasticaccia che pesa poco è stata ampiamente abbandonata.
Prezzo. Qui non c’è gara. L’iPhone X è lo smartphone più costoso al mondo. In tre anni i primi della classe sono passati da una media di 600 euro a 800-900 euro. Un aumento del 40% circa.
Nota da leggere. E’ vero manca Ascend P6 e Mate di Huawei. Agli ultimi iPhone mancano dei dati. Li devo inserire. Per qualsiasi correzione non esitate a scrivere. No battaglie ideologiche iPhone vs Samsung. Grazie