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Quando si tratta di partecipazione politica, gli italiani sono cittadini un po’ “pigri”

Non ci salva nemmeno il Movimento 5 Stelle, che pure ha avvicinato alla politica persone che prima se ne tenevano ben lontane. Quando si parla di cittadinanza attiva, l’Italia sta agli ultimi posti di una classifica dominata da svizzeri, francesi e svedesi.

I numeri arrivano da Eurostat, che ha elaborato i dati relativi alla cittadinanza attiva riferiti al 2015. Censendo cioè le persone che abbiano partecipato ad attività legate a gruppi e partiti politici oppure ad associazioni. Vale tutto, anche semplicemente aver sottoscritto una petizione. Eppure due anni fa lo ha fatto appena il 6,3% degli italiani, contro una media europea dell’11,9%.

In percentuale, lo si può vedere utilizzando il filtro in alto a destra sul grafico, sono leggermente di più gli uomini che le donne ad essersi impegnati nell’agone politico. Ma si tratta di differenze nell’ordine del punto percentuale. Mentre la distanza con la Svizzera resta siderale: è vero che nella confederazione si utilizza spesso l’istituto del referendum per decidere di questioni anche molto pratiche. E quindi di occasioni per parlare di politica ce ne sono parecchie. Però a Nord del confine un cittadino su quattro può considerarsi attivo.

Pochi, dunque, gli italiani impegnati a livello politico. Ma chi sono? Quali caratteristiche li accomunano? Per scoprirlo basta guardare i prossimi grafici, con la premessa che il filtro “Paese” permette di effettuare lo stesso tipo di analisi un una delle altre nazioni dell’Unione Europea. Il primo tema riguarda il titolo di studio e il risultato è questo:

Sono soprattutto laureate le persone che si impegnano nella vita politica. Lo fa il 35% di quanti hanno questo titolo di studio. Percentuale che scende al 10% tra coloro che si sono fermati alla licenza media. Situazione che rispecchia la media del resto d’Europa, dove però la percentuale di chi ha discusso una tesi ed è un cittadino attivo sale al 62,4%.

Oltre ad aver studiato, le persone impegnate a livello politico e associativo sono anche le più benestanti. Il 10% di chi appartiene al quinto quintile di reddito, ovvero alla fascia più alta, è attivo, contro un 4% di chi fa parte del primo quintile.

 La tendenza, va detto, è simile a quella che si registra a livello europeo. Per quanto, anche in questo caso, con percentuali più alte rispetto a quelle italiane. A sfuggire alla “pigrizia” sono poi le persone che vivono in città più di quelle che abitano invece in zone rurali.

Anche se vale la pena di sottolineare che la distanza tra “cittadini” e “campagnoli” impegnati in politica è di meno di un punto percentuale. A livello europeo, invece, si sfiora il 3%. Un punto a sfavore della volontà di chi vive nelle città italiane rispetto all’impegno in politica. L’ultimo dato, che vede l’Italia in controtendenza rispetto alla media europea, riguarda invece le caratteristiche delle famiglie dei cittadini attivi.

 

A livello europeo sono soprattutto i single (il 14,5%) ad essere impegnati politicamente. Tra le coppie con figli la percentuale scende al 12,7%. Nel nostro Paese, invece, il risultato più elevato lo si ha tra le coppie con figli: se solo il 6,7% di chi vive solo è un cittadino attivo, tra le mamme e i papà la percentuale sale al 7,3%. Chissà allora che non riescano ad essere da esempio per i loro bambini, così da aiutare l’Italia a scalare qualche gradino di questa classifica.