Per l’Euribor del futuro, con i 180mila miliardi di asset che movimenta, c’è una nuova formula. In forma di bozza e per ora riservata, ma c’è. E punta – come da istanza dei regolatori – a tenere il nuovo tasso di riferimento molto più ancorato alla realtà rispetto all’Euribor attuale (costruito «in laboratorio»), pur lasciandosi la possibilità di interpellare chi i prezzi li fa nel caso in cui il mercato offra una base troppo ristretta di dati.
Dunque il nuovo Euribor sarà un indice ibrido. Ma non troppo, o comunque un po’ meno di quanto si era ipotizzato (e in parte temuto) a maggio, quando era arrivata una secca bocciatura a un tasso d’interesse unicamente basato sulle transazioni compiute sul mercato. Il nuovo schema, secondo quanto ricostruito da Il Sole 24 Ore, è stato presentato il 18 ottobre scorso alle autorità di vigilanza (Bce, Fsma, Esma, Commissione europea) e alle 20 banche del panel che ogni giorno contribuiscono volontariamente – e onerosamente – a determinare l’Euribor.
Anche questa nuova ipotesi è stata costruita dalla task force dell’Emmi (European Money Market Institute), che dal giugno scorso si è riunita quasi settimanalmente per formulare un’alternativa all’attuale elaborazione quotidiana effettuata dalle banche, che sulla base di propri algoritmi individuano e comunicano a Emmi il tasso a cui alle 11 di Bruxelles due «prime banks» si scambiano liquidità tramite un deposito. Da tempo le mitiche telefonate tra banche sono state superate, ma ciononostante il processo è considerato vulnerabile e troppo teorico, nonché poco significativo dopo che l’inondazione di liquidità da parte della Bce ha di fatto prosciugato il mercato interbancario.