Sono appena partite ma già danno segnali di affanno. Tanto che da quasi tutte le sezioni specializzate per l’immigrazione – istituite dal 17 agosto scorso dal decreto Minniti per razionalizzare e velocizzare l’esame dei ricorsi dei richiedenti asilo – arriva l’indicazione che sarà «molto difficile» rispettare il termine di quattro mesi fissato dal decreto per arrivare alla decisione.
A mettere a rischio il raggiungimento degli obiettivi indicati dal legislatore sono la carenza di risorse (la riforma è a costo zero: i tribunali hanno dovuto creare le sezioni contando sui magistrati e sul personale amministrativo già a disposizione), le difficoltà operative e il flusso dei ricorsi, aumentati negli ultimi anni insieme con gli sbarchi.
Nel 2016 la durata media del procedimento è stata di 278 giorni (dati Csm). Nel 2017 la situazione è peggiorata. Secondo il ministero della Giustizia la decisione dei Tribunali ha richiesto in media 361 giorni, con punte di oltre 500 giorni a Roma e Potenza. D’altronde, nel 2016, i ricorsi contro i «no» alle domande di asilo delle commissioni territoriali hanno superato quota 46mila; e quest’anno, al 30 agosto, erano già 28.137
Ad appesantire il lavoro dei giudici c’è poi l’arretrato. Alcuni tribunali, come quello di Milano, hanno scelto di non gravare le sezioni con le pendenze: «Ho deciso di far nascere la sezione pulita – spiega il presidente, Roberto Bichi – per farla funzionare bene e rispettare l’indicazione di dare priorità ai ricorsi in materia di immigrazione». Altri hanno invece assegnato tutto o parte dell’arretrato alla nuova sezione. A Roma, il presidente del tribunale Francesco Monastero ha deciso di farvi confluire i fascicoli di competenza dei magistrati che ne sono entrati a far parte. «Cercheremo di ridurre al massimo i tempi e di centrare l’obiettivo dei 4 mesi, ma prima dobbiamo eliminare l’arretrato», dice Monastero che aggiunge: «Per aiutare il lavoro dei magistrati stiamo costituendo una nostra banca dati sui Paesi d’origine».