A Locri, poco più di 12mila abitanti sulla costa ionica della provincia di Reggio Calabria, malattie, congedi, permessi e ferie hanno tenuto lontano in media i dipendenti del Comune per 99,4 giorni in un anno. Alla Maddalena, in Sardegna, la media parla di 87,3 giorni fuori ufficio mentre a Condofuri, ancora Reggio Calabria, ci si ferma a 86,1. Ma, almeno stando ai dati ufficiali, non mancano casi-limite al contrario, da Biassono (Monza e Brianza; 14 giorni di assenza medi a testa, meno delle ferie) a Mussomeli (Caltanissetta; 18,1 giorni).
L’Italia dell’assenteismo è insomma un vestito di Arlecchino. Guardando alle medie complessive, Calabria e Sicilia mostrano gli uffici meno affollati, ma Campania e Molise si spingono tra le aree “virtuose” insieme a Lombardia, Veneto e Toscana. Oltre a essere grave, quindi, il fenomeno nella pubblica amministrazione è parecchio diversificato.
I numeri messi in fila dal centro di ricerca Ermes nel suo primo Rapporto sui Comuni, ed elaborati sulla base dell’ultimo conto annuale della Ragioneria generale, offrono il quadro strutturale del problema, più dei censimenti mensili che sono pubblicati nella sezione dell’«amministrazione trasparente» di ogni ente pubblico ma sono ovviamente soggetti a fluttuazioni congiunturali. E danno anche un’indicazione di sistema interessante: nei Comuni piccoli, dove gli organici sono più ridotti e c’è in genere più spirito di squadra ma anche più controllo reciproco, le assenze sono minori (46,1 giorni in media, ferie comprese), mentre l’indice sale al crescere delle amministrazioni fino a raggiungere il massimo (51,4 giorni) dove i dipendenti sono più di mille. Palermo, Cagliari, Catania e Torino spingono in alto il dato delle città, mentre a Napoli, Rimini, Milano e Salerno le assenze sono più basse.