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cronaca

Otto laureati su 10 nei servizi Ecco i principali sbocchi professionali

Il 78% dei laureati, a cinque anni dal titolo, lavora nel variegato mondo dei servizi. Secondo il Consorzio interuniversitario AlmaLaurea il settore del terziario racchiude un ampio ventaglio di rami che, a loro volta, calamitano profili con caratteristiche e performance formative e occupazionali molto diverse tra di loro.
Si va dall’istruzione e ricerca alla consulenza legale, amministrativa e contabile. Dalla sanità al credito e assicurazioni. Dai servizi sociali e personali alla Pubblica amministrazione, passando per l’informatica.
Molti i titoli di studio richiesti a seconda del settore: scienze della formazione primaria, filologia moderna, psicologia, giurisprudenza, scienze economico-aziendali, medicina, scienze infermieristiche, biologia, scienze pedagogiche, scienze politiche, informatica, ingegneria gestionale.
L’identikit 
Il settore è caratterizzato nel complesso da una maggior prevalenza di laureate: le donne rappresentano il 62% degli oltre 40mila occupati nei servizi (dei 103mila graduati di secondo livello del 2011 coinvolti nell’indagine AlmaLaurea a cinque anni dal conseguimento del titolo). Si tratta poi di giovani inseriti in ambito privato (68%), che hanno iniziato a lavorare solo dopo l’uscita dal mondo accademico (65% del totale).
La laurea è richiesta per legge nel 46% dei casi, anche se il titolo è considerato “efficace o molto efficace” per lavorare da 64 occupati su cento, con il 53% che dichiara di utilizzare in modo elevato le competenze acquisite durante gli studi universitari.
Il 49% degli occupati nei servizi può contare su un contratto alle dipendenze a tempo indeterminato, mentre il 26% lavora come autonomo; la restante parte, invece, ha un contratto non standard, prevalentemente a tempo determinato.
Piuttosto diffuso l’orario di lavoro part-time, che riguarda quasi un laureato su cinque (18 per cento).
I dati medi nascondono però molte sfaccettature. Le quote rosa sono più alte nei servizi sociali e personali (81%), nell’area “istruzione e ricerca” (78%) e in quella sanitaria (65%), mentre sono in minoranza nella Pubblica amministrazione (43%), e nel settore informatico (30 per cento).
Contratti e retribuzioni 

Ultimi commenti
  • LUCA BRAMBILLA |

    Gentile Pasqualino, da studente lavoratore acquisii in epoche ormai remote 2 Lauree magistrali da giardino, andando a letto quotidianamente per anni alle 4.00 A.M. con risveglio alle ore 7.00 A.M.. Mi soccorre farle notare che per ragioni professionali da sempre ho avuto a che fare con laureati in Ingegneria con ogni tipo d’indirizzo che considero, non me ne voglia, degli analfabeti ovvero incapaci di esprimersi correttamente.

  • LUCA BRAMBILLA |

    Gentile Pasqualino, da studente lavoratore acquisii in epoche ormai remote 2 Lauree magistrali da giardino, andando a letto quotidianamente per anni alle 4.00 A.M. con risveglio alle ore 7.00 A.M.. Mi soccorre farle notare che per ragioni professionali da sempre ho avuto a che fare con laureati in Ingegneria con ogni tipo d’indirizzo che considero, non me ne voglia, degli analfabeti ovvero incapaci di esprimersi correttamente.

  • Ciro |

    Angelica Palumbo, il fatto che molti colleghi non siano in grado di trovare lavoro o si adattino non significa che non è professionalizzante. Io ho iniziato a lavorare da appena laureato e non ho mai smesso e negli anni il mio lavoro è sempre cresciuto e mi ha permesso di pagarmi corsi di specializzazione, auto e da poco anche una casa (con mutuo certo ma va bene cosi).

  • Ciro |

    Angelica Palumbo, il fatto che molti colleghi non siano in grado di trovare lavoro o si adattino non significa che non è professionalizzante. Io ho iniziato a lavorare da appena laureato e non ho mai smesso e negli anni il mio lavoro è sempre cresciuto e mi ha permesso di pagarmi corsi di specializzazione, auto e da poco anche una casa (con mutuo certo ma va bene cosi).

  • Angelica Palumbo |

    Anche la laurea in psicologia fra le professionalizzanti? Hmmm, ho qualche dubbio. Sapevo di impieghi saltuari come animatrici nelle residenze per anziani, o piu’ spesso babysitter presso famiglie altolocate, cui si adattavano psicologhe senza prospettive di occupazione. Magari concorrono a far numero, ma la realtà è desolante.

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