La nuova merger-mania rimescola le carte anche tra protagonisti meno appariscenti dell’infrastruttura media come tra neo-arrivati dell’era digitale in una battaglia per emergere più solidi e efficienti nella nuova economia mediatica. Sinclair, gigante delle stazioni Tv locali, si sta impadronendo di Tribune, con l’obiettivo di dare vita a un network con oltre 400 proprietà in grado di raggiungere ben il 72% dell’intero paese. Nel digitale svettano certo Google e Facebook, anche come potenziali continui acquirenti di asset, ma si notano anche le performance deludenti di gruppi quali BuzzFeed o Vice Media, che pure quest’estate ha ricevuto una valutazione di 5,7 miliardi ma rimane in cerca di redditività. La strada della cessione è stata di recente scelta da Mashable, sito specializzato in cultura pop e tech, passato all’editore specializzato Ziff Davis per soli 50 milioni, una frazione dei 250 milioni che era stato valutato soltanto nel 2016. E Verizon ha rastrellato due più vecchie glorie quali Aol e Yahoo.
Lo spettro della crescente concentrazione, anche nella stagione apparentemente aperta delle rivoluzioni online, si ingigantisce con le dimensioni e la riduzione del numero dei nuovi “Signori dei Media”. Nel 1983, una cinquantina di aziende dominavano il settore al 90%, dieci anni dopo erano dimezzate. Nell’attuale decade quel tradizionale novero si è ridotto a una manciata, che ora potrebbe attraversare una nuova fase di consolidamento.