I numeri, dal loro insieme emerge un quadro rigido, in cui le scelte di politica economica in bilico fra consolidamento dei conti e spinta alla crescita hanno pochi spazi per muoversi. Nel 2017 la spesa statale si ferma uno scalino sopra gli 879 miliardi di euro, con un aumento del 6% rispetto all’anno prima mentre se si spinge lo sguardo fino al 2008 la crescita è del 17,4 per cento. Il debito, grande protagonista del confronto con l’Europa, gioca lo stesso ruolo anche nelle tabelle del bilancio, e vale nel 2017 una spesa da 320,3 miliardi contro i 292,1 dell’anno scorso. Attenzione, però: questo balzo del 9,6% è dovuto al calendario delle scadenze, che quest’anno producono rimborsi per quasi 250 miliardi mentre gli interessi si fermano a quota 74 miliardi. Nel 2012-14, prima che il presidente della Bce Mario Draghi avviasse il Quantitative easing, il servizio al debito costava tra gli 83 e gli 86 miliardi all’anno, mentre negli anni successivi la discesa è stata costante. E ora? Anche se iper-diluita, la fine del Qe preoccupa gli analisti ma meno il Tesoro, che mette in programma per i prossimi anni un andamento “tranquillo” sulla base del presupposto che i mercati già scontino le attese di uscita dal Qe: in euro, si tratta secondo i programmi governativi di 73,8 miliardi nel 2018, 72,5 nel 2019 e 74,7 nel 2020.