Dal 2011 Amazon, Facebook, Google e Netflix hanno messo agli atti una crescita dei ricavi in percentuali fra il 20 e il 37%, ogni anno.
Gli operatori di telefonia mobile nel mondo quelle percentuali però se le sognano. Al massimo si parla del 6% di crescita dei ricavi, ma nel 2011. Lontano ricordo. Dal 2014 non si va più in là del +2%, a livello mondiale, mettendo insieme i big, da AT&T a Verizon a Vodafone a Telefónica alle telco più piccole. E ancora: dal 2010 a oggi Apple, Google, Amazon, Facebook e Netflix presentano collettivamente un tasso di crescita dell’enterprise value pari a 3,5 volte: nettamente superiore a quelle dell’universo delle Tlc.
Il declino dei servizi tradizionali
Studi come questi non fanno altro che mettere in fila numeri in cui algebricamente si manifesta il bivio davanti al quale si trovano le telco, alle prese con un cambiamento tecnologico che se da una parte rappresenta la più grande opportunità, dall’altra vale anche come minaccia epocale, che incombe sulla sopravvivenza di tanti player di un settore in cui la discesa del business tradizionale sta mettendo in crisi non poche certezze.
I servizi tradizionali di voce o messaggistica hanno smesso il ruolo di miniere d’oro, perlomeno in mercati maturi come l’Europa (dove la crescita media dei ricavi fra 2016 e 2020 va poco sopra la parità) e soprattutto per il Nord America (dove, nello stesso arco di tempo, si parla addirittura di un calo del settore superiore al 2% annuo). Secondo dati McKinsey, negli Usa i servizi voce da rete fissa e mobile rappresentano soltanto un terzo dei ricavi mentre nel 2010 la quota si attestava al 55 per cento. Nel contempo i ricavi dati sono passati dal 25% al 65 per cento. Insomma, incrociando fonti fra le più disparate il punto di approdo alla fine è convergente su un punto: l’erosione di ricavi.