Dal 1° gennaio in tutti gli enti pubblici, nazionali e locali, partirà la corsa delle stabilizzazioni. Interesserà almeno 50mila precari “storici” della Pa, secondo stime ministeriali che potrebbero essere riviste al rialzo in corso d’opera verso quota 80mila, all’interno di una platea che al netto di scuola e forze armate conta almeno 150mila titolari di contratti flessibili. E inevitabilmente la nuova ondata contenderà il posto a chi punta a entrare dall’esterno.
Per i precari che ambiscono al contratto stabile si apre una corsia preferenziale, preparata dal piano triennale “straordinario” introdotto dalla riforma del pubblico impiego (articolo 20 del decreto legislativo 75 di quest’anno), e soprattutto dalla circolare che due settimane fa ne ha chiarito l’applicazione pratica. Nelle regole attuative, la Funzione pubblica ha allargato il più possibile le chances di stabilizzazione, agendo su tre leve: i requisiti, il budget e le procedure. Il tutto mentre il nuovo contratto degli statali, dettando la linea per tutto il pubblico impiego, rilancia la valutazione nei concorsi pubblici per i periodi di lavoro a tempo determinato di almeno 12 mesi (si veda Il Sole 24 Ore del 6 dicembre).