Non c’è notizia, almeno per ora, almeno in Italia, di manager che dopo aver indicato previsioni errate delle performances aziendali nei loro piani sono stati costretti a restituire i loro bonus per via della clausola di clawback. La sua presenza, che aleggia ormai nel 70% delle società quotate, è però sicuramente uno stimolo a fare bene o meglio. E soprattutto a badare alla sostenibilità dei risultati, non tanto nei due anni o poco più di permanenza di un manager in una società, ma nel lungo termine. E che la governance sostenibile delle società sia un tema, lo dimostra anche quel Cap, ossia il tetto massimo agli incentivi di risultato, che ormai è presente nella quasi totalità delle quotate.
Qualità, risultati ma anche loro sostenibilità nel tempo, dunque. Nelle società quotate italiane l’astratto terzetto – con le debite eccezioni che non mancano mai – è stato eletto come guida nella definizione del pacchetto remunerativo dei top manager che, a più livelli, incrocia la corporate governance. OD&M consulting (Gi group) ha preso in esame i bilanci, le relazioni sulla remunerazione e le relazioni sulla corporate governance relative al 2016 di 230 società quotate della Borsa italiana, escludendo quelle che sono in procedura fallimentare e quelle quotate all’estero.