Ci sono voluti cinque anni, ma alla fine l’obiettivo è stato centrato e superato: il 33,5% delle poltrone dei consigli di amministrazione delle 237 società quotate in Borsa al mercato telematico è occupato da una donna. Complice anche il maxi-rinnovo dei board di ben 64 società nel 2017, oggi le quote rosa di un terzo fissate dalla legge Golfo-Mosca nei Cda possono dirsi rispettate.
Un traguardo che ci colloca tra i Paesi più virtuosi in Europa, insieme a Norvegia, Francia e Svezia. Le quote italiane, va detto subito, sono temporanee e graduali, fissate al 20% per la prima elezione successiva all’agosto 2012 e al 33% per le due seguenti.
Si applicano non solo ai consigli di amministrazione, ma anche ai collegi sindacali. Non solo alle società quotate, ma anche a quelle a controllo pubblico (in base al Dpr 251 del 2012).
Dai risultati di una ricerca di Cerved per la Fondazione Maria Bellisario – che sarà presentata dopodomani al Senato – sono 751 le donne che a fine 2017 risultavano nei Cda delle società quotate alla Borsa di Milano, su un totale di 2.244 componenti. L’aumento è stato del 9,3% rispetto al 2016, con una presenza quadruplicata sul 2011, anno in cui le norme sulla rappresentanza di genere erano appena state varate e non avevano ancora iniziato a produrre effetti.