Nel tardo pomeriggio americano di Domenica 4 Febbraio si disputerà il 52esimo Super Bowl che vedrà opposti i Philadelphia Eagles contro i New England Patriots, campioni in carica dopo una rimonta passata alla storia a discapito degli Atlanta Falcons.
A differenza degli altri tre campionati principali dell’universo a stelle e strisce (pallacanestro, baseball ed hockey) in cui i playoff si articolano in fasi disputate al meglio delle 7 partite, nella NFL, esattamente come nei mondiali di calcio, nelle fasi finali della stagione, tutto si decide in un’unica gara.
Condensando l’esito di una stagione in un’unica partita, il Super Bowl è per definizione l’evento sportivo più atteso e seguito nel panorama americano e, di conseguenza, il giro di affari che orbita attorno a questo match assume proporzioni che difficilmente possono essere replicate in altre realtà sportive.
Uno degli aspetti più interessanti è la gara che si innesca tra i colossi dell’economia americana (e non) per potersi aggiudicare uno spot televisivo durante le pause di gioco.
Per avere un punto di riferimento, basti pensare che lo scorso anno, cavalcando una tendenza probabilmente destinata ad un costante rialzo, il costo medio per uno spazio pubblicitario di 30 secondi ha raggiunto la cifra tonda di cinque milioni di dollari.
Chiaramente, a distanza di più di 50 anni, le cifre annuali investite negli spot televisivi sono difficilmente paragonabili, sia per un diverso approccio all’investimento pubblicitario, sia soprattutto per via dell’inflazione che ha comprensibilmente modificato il valore del potere di acquisto della moneta.
A tal proposito per costruire un’analisi temporale più accurata e che tenesse conto del valore dell’inflazione, sono stati utilizzati i dati di Forbes adeguati per “correggere” questo fenomeno, incrociati poi con i numeri relativi ai dati di ascolto dei singoli Super Bowl.
Nell’infografica che segue, è rappresentato il trend temporale del costo medio (adeguato per inflazione) per 30 secondi di pubblicità relazionato al numero medio di spettatori; rapporto che poi viene esplicitato nel secondo grafico riportando appunto il valore del rapporto tra le due misure.
Nel terzo grafico sono invece indicati quali sono stati gli spot televisivi più costosi nella storia dell’evento e dei quali si possono ottenere i dettagli passando il cursore sull’icona che rappresenta il settore di appartenenza.
Appare evidente che il trend per quanto riguarda il costo degli spazi pubblicitari, fatto salvo per qualche rara eccezione, è complessivamente in costante ascesa, cosa che invece non si può necessariamente dire anche per il numero di spettatori.
Sebbene la crescita nel tempo sia innegabile anche dal punto di vista dell’audience, specialmente negli ultimi anni non si può certo affermare che il bacino di pubblico sia cresciuto con la stessa velocità del costo degli spot televisivi, anche perché si presuppone che, in un arco temporale circoscritto, il numero di potenziali telespettatori sia più o meno lo stesso o quantomeno allineato con la crescita della popolazione.
Alla luce di queste considerazioni, si delinea uno scenario abbastanza curioso in cui, pur aumentando sempre il costo degli spot televisivi, sembra che il numero di spettatori “acquistati” per ogni dollaro speso, sia storicamente in calo.
Tanto per dare un’idea, pur tenendo conto dell’inflazione del Dollaro, lo scorso anno il valore del rapporto spettatori/costo è stato pari a 21,7 quando invece nel 1978 era 123,3.
Anche senza fare un salto indietro nel tempo di ben 40 anni, se ci si ferma “solo” al 1998, vale a dire 20 anni fa, il ritorno in termini di spettatori era comunque più del doppio (45,7).
Va però considerato che nell’era dei social media, il valore dell’audience strettamente legato ai numeri televisivi può essere riduttivo, e molto spesso, uno spot azzeccato può generare un volume di interazioni digitali in grado di ripagare la cifra pagata per soffiare lo spazio pubblicitario ad un diretto concorrente.
Forse, anche per questo motivo, nella lista degli spot più costosi di sempre, in ben quattro dei nove casi citati, il settore che ha investito maggiormente è quello dell’automotive con Chrysler che nel 2011 ha acquistato 120 secondi di pubblicità (con la partecipazione del rapper Eminem) per la cifra record di 12,4 milioni di dollari, staccando nettamente i diretti rivali in questa speciale classifica (Jaguar, Kia e Toyota appaiate con 8 milioni).