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cronaca

Psicologia: la bufala del Blue Monday e i numeri della depressione

La storia del Blue Monday, il “giorno più triste dell’anno”, è una trovata pubblicitaria di qualche anno fa che sembra essere diventata verità incontrovertibile nel confuso mondo dei social network. Della tristezza da cui non si può fuggire in questa giornata di gennaio hanno scritto praticamente tutti, con tanto di autorevoli commenti nelle interviste tv. Peccato che tanto interesse non venga invece convogliato nella comprensione di fenomeni ben più reali e ben più complessi e che ci riguardano molto più da vicino. Chi parla di depressione, non in occasione di un lunedì di gennaio ma seriamente, parla di una malattia che colpisce oltre 300 milioni di persone al mondo (fonte OMS), il 4,4% della popolazione mondiale. Non si tratta di semplici variazioni d’umore e risposte emotive comuni ai normali cambiamenti di vita, ma di una condizione patologica che colpisce in maniera severa il funzionamento della persona minando la vita personale, privata e lavorativa in modo sostanziale. Nella sua forma più grave, la depressione può portare alla morte per suicidio. Ogni anno si stimano circa 800mila persone che muoiono per suicidio (l’1,5% del totale dei decessi), e il suicidio è la seconda causa di morte nella fascia di età 15-29 anni.

 

 

 

 

In questa infografica interattiva elaborata dall’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’Università del Michigan sono raccolti tutti i dati su malattie e stato di salute a livello globale dal 1990 al 2016 ed è possibile filtrare i numeri per esaminare i trend a livello geografico, di età e di genere, oltre che vedere quali le principali cause di morte e di disabilità. Restando sul tema depressione, per esempio, l’impatto della malattia (calcolato con il Disability-adjustedlife year o DALY ossia l’attesa di vita corretta per disabilità) è prevalente nella fascia di età 15-49 anni, ma si nota una netta differenza tra gli uomini (3,6%) che risultano meno colpiti e le donne (5% circa).

Dal 2005 al 2015 la depressione ha visto un aumento del 18,4% dei casi, ma solo la metà di chi ne è colpito ha accesso a cure e trattamenti adeguati, proporzione che cala al 10% in alcuni paesi particolarmente poveri. Lo scorso anno la depressione, proprio per la sua incidenza e i dati che mostrano come si tratti di una patologia in costante aumento, è stata al centro di una importante campagna di comunicazione dell’OMS, realizzata proprio con lo scopo di far conoscere un problema sempre più diffuso ma ancora poco conosciuto: troppo spesso, infatti, chi soffre di depressione non trova adeguata comprensione nel suo contesto sociale e familiare. Molto spesso la reazione di chi vive con una persona depressa è quella di incitarla all’ottimismo in un primo momento, accusarla di pigrizia o di poca volontà di stare bene, in un secondo momento, fino alla rabbia. Il disagio di chi è malato di depressione è profondo e si tratta di una malattia vera e propria che come tale va trattata, con terapie psicologiche e farmacologiche adatte, e spesso anche i familiari e le persone vicine hanno bisogno di un sostegno. O almeno, di sapere cosa sta realmente succedendo alla persona sofferente.