Roger Simo, camerunese di 55 anni, è in Italia dall’agosto 2014 dopo 15 anni di lavoro come ingegnere chimico nel suo paese d’origine. A Pavia, dove attualmente risiede, è stato impiegato nella raccolta dei rifiuti e per una ditta di pulizie. Non potendo sostenere il corso di due anni a pagamento per ottenere il riconoscimento del titolo di studio conseguito nel suo paese, ha messo da parte i suoi studi e l’esperienza professionale, accettando lavori precari. “In Camerun ho lavorato per un’azienda che produceva mangimi prima, e poi nella lavorazione della Cola” – ci racconta Roger – “avrei voluto continuare a lavorare in questo settore ma ho una famiglia qui con me da mantenere”.
Roger fa parte di quella fetta di lavoratori immigrati in possesso di titolo di studio di terzo livello – ovvero il diploma di laurea – che tuttavia svolgono un lavoro per il quale sono troppo qualificati. I dati sono dell’ultimo International Migration Outlook dell’OCSE, pubblicato nel 2017. La fotografia scattata dal report parla chiaro: gli immigrati-lavoratori con diploma di terzo livello costituiscono in media più di un terzo della forza lavoro immigrata dei paesi OCSE. Nel mercato del lavoro però, fuori dai confini del loro paese d’origine, il livello di scolarizzazione e l’esperienza maturata dagli immigrati è sottovalutata.
I lavoratori stranieri sono infatti più propensi ad accettare salari inferiori, rispetto alla media, e dunque lavori di minor qualità, soprattutto quando la situazione economica peggiora. Questo per una serie di motivi si legge sempre nel report, a partire dalle poche alternative disponibili per loro, in termini di supporto familiare, sussidi di disoccupazione e incentivi per il ritorno alla formazione. Perciò tendenzialmente accade che i lavoratori stranieri siano impiegati in lavori a tempo determinato, part-time e che non richiedono qualifiche o competenze elevate.
All’Italia il primato per numero di lavoratori stranieri sotto-qualificati
Il dato più interessante riguarda, nello specifico, la percentuale secondo la quale gli immigrati con diploma di terzo livello sarebbero più frequentemente impiegati in lavori per i quali risultano essere fin troppo qualificati rispetto ai nativi dei paesi ospitanti. E la disparità nella prevalenza di sovra-qualificazione tra lavoratori nativi e stranieri è particolarmente rilevante nei paesi nordici, si vedano Svezia e Danimarca, e in alcuni paesi sud-europei, tra cui l’Italia. Al nostro paese, secondo il report OCSE, andrebbe il primato quanto a presenza di lavoratori stranieri laureati, i quali restano però impiegati in lavori non altamente qualificati, rispetto ai lavoratori italiani. L’OCSE ci sta dicendo cioè che in Italia abbiamo tanti Roger, addirittura oltre il numero di laureati italiani, ma in prevalenza sotto-qualificati.
Non sarà dunque che preoccupandoci dei nostri cervelli in fuga ci stiamo facendo sfuggire l’ingresso di altrettanti cervelli?
Master Comunicazione e Media Digitali 2017/201. Articolo realizzato dagli studenti dei Master della Business School del Sole 24 Ore
Alice Marotta (@alicemarotta7)
Yeelen Badona Monteiro (@YeleenMonteiro)
insieme a
Luca Tremolada @lucatremolada,
Andrea Gianotti @andreagianotti
Riccardo Saporiti @