La Ue e gli Stati membri continuano a essere i primi fornitori di aiuto pubblico allo sviluppo nel mondo con 75,7 miliardi nel 2017. Lo indica la Commissione europea sulla base dei dati Ocse-Dac. Si tratta dello 0,50% del reddito nazionale Ue, ben superiore allo 0,21% medio degli Stati non Ue che fanno parte del Comitato per l’assistenza allo sviluppo. Gli interventi del Dac sono calati da 131 miliardi nel 2016 a 130 miliardi nel 2017. Gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo nel 2017 hanno totalizzato 146,6 miliardi di dollari, con un lieve calo (-0,6%) rispetto all’anno precedente che riflette principalmente le minori spese da parte dei Governi donatori per i rifugiati, mentre sono aumentati i fondi affluiti direttamente alle nazioni più povere.
E noi? L’Italia spicca con un consistente aumento degli aiuti, pur restando lontana dai target Onu. Escludendo i costi legati ai migranti, gli aiuti allo sviluppo netti in generale sono aumentati dell’1,1% in termini reali. I fondi spesi dai Paesi donatori per dare accoglienza ai rifugiati lo scorso anno sono diminuiti del 13,6% a 14,2 miliardi di dollari, con un calo più evidente in Europa, dove – indica l’Ocse – la crisi dei migranti, particolarmente forte nel 2015-16, lo scorso anno ha dato segnali di allentamento.
Gli aiuti bilaterali ai Paesi meno sviluppati nel 2017 sono per contro aumentati del 4% in termini reali a 26 miliardi di dollari, dopo anni di continua flessione. Gli aiuti all’Africa sono cresciuti del 3% a 29 miliardi e all’interno di questa cifra anche gli aiuti all’Africa sub-Sahariana sono aumentati del 3% a 25 miliardi. “E’ positivo vedere che affluiscono più soldi dove è più necessario, ma non è ancora abbastanza. Troppi donatori sono ancora troppo lontani dal target Onu dello 0,7% del prodotto nazionale lordo”, commenta il direttore generale dell’Ocse, Angel Gurria.
“Il fatto è che lo sviluppo economico si fonda sui fondi di lungo termine” e non sugli aiuti di emergenza, sottolinea – a Radiocor Plus – Yasmin Ahmad, la responsabile delle divisione ‘statistiche dello sviluppo’ dell’Ocse-Dac (Development Assitance Committee).
L’Italia, comunque, spicca nel panorama dei donatori, con un aumento degli aiuti in termini reali del 10,2% a 5,73 miliardi di dollari, che la pone al sesto posto tra i Paesi donatori. E’ l’aumento degli aiuti più rilevante dopo quello della Francia (+14,9%) ed e’ dovuto all’incremento sia delle donazioni bilaterali, sia dei costi legati all’accoglienza dei rifugiati. Rispetto al prodotto nazionale lordo, gli aiuti italiani sono pero’ lo 0,29% (15esimo posto), sotto la media Ocse (0,31%) e soprattutto sotto lo 0,7% del target Onu. Come precisa Ahmad, “in Italia oltre un terzo degli aiuti allo sviluppo (contro il 9,7% medio Ocse, ndr), cioe’ circa 1,8 miliardi, vanno all’accoglienza dei rifugiati, ma anche escludendo questi costi, gli aiuti sono aumentati in modo consistente, del 12,3%”.
Gli Stati Uniti continuano ad essere il principale Paese donatore con 35,3 miliardi, seguiti dalla Germania (24,7 mld), dal Regno Unito (17,9 mld), dal Giappone (11,5 mld) e dalla Francia (11,4 mld). Solo 5 Paesi raggiungono o superano il target Onu dello 0,7%. Si tratta di Danimarca (0.72%), Lussemburgo (1%), Norvegia (0.99%), Svezia (1.01%) e Regno Unito (0.7%). Tra i grandi donatori extra-Ocse figurano in particolare Turchia (0,95%) e Emirati arabi uniti (1,31%). Nell’area Ocse sono, per contro, diminuite le donazioni ai Pvs da parte di Australia, Austria, Grecia, Ungheria, Norvegia, Slovenia, Spagna e Svizzera. In molti casi si tratta di minori costi sostenuti per i rifugiati, ma nel caso dell’Ungheria, ad esempio, il calo del 30% riflette il taglio al programma di aiuti deciso dal Governo (Radiocor).1