Il fatto che negli ultimi dieci anni si sia registrata una leggera flessione del numero di consumatori di bevande alcoliche (dal 68% del 2007 al 64% degli italiani) non è una grande notizia. Il problema di fondo rimane: sono ancora troppi gli italiani che abusano di alcol, e la reale cartina di tornasole del fenomeno sono i dati sulle dimissioni ospedaliere e sugli accessi al Pronto Soccorso.
Come mette nero su bianco una relazione presentata in questi giorni dal Ministero della Salute, nel 2016 sono state 56.733 le dimissioni ospedaliere per ricoveri in cui almeno una delle ragioni era collegata all’abuso di alcol. Nella metà dei casi si tratta di steatosi, epatite e cirrosi, mentre in un altro 23% dei casi di alcolismo cronico.
Un aspetto preoccupante sono poi i tassi di riammissione ospedaliera a 30 giorni dalla dimissione, che sono importanti: il 9% medio in Italia con un picco del 71% in Lombardia.
Ma soprattutto, un caso su 4 era da codice giallo o rosso.
Ci sono poi i morti, e qui i dati più recenti sono relativi al 2014: 1174 decessi attribuibili principalmente all’alcol, un tasso di 38 decessi per milione di persone fra i maschi e un decesso per milione fra le donne. Nella quasi totalità dei casi si trattava di epatopatie alcoliche e sindromi psicotiche da alcol.
A questi numeri si aggiungono i 2575 incidenti nel 2016 in cui almeno una delle persone coinvolte era ubriaca, che hanno prodotto 58 vittime e oltre 4000 feriti.
I tassi di ricovero per ragioni completamente correlate all’alcol sono state 137 per 10 mila persone fra gli uomini e un decimo – 38 per 100 mila – fra le donne, e mediamente le cose vanno un po’ peggio al nord, anche se la statistica è fortemente influenzata dai casi molto negativi di Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Bolzano che mostrano tassi doppi rispetto alla media nazionale.
I dati sulle schede di dimissione ospedaliera permettono anche di esaminare un altro aspetto cruciale: quante persone ricoverate per altre ragioni primarie in realtà hanno anche malattie connesse all’abuso di alcol. Come è comprensibile la correlazione è particolarmente evidente specie nelle donne fra chi viene ricoverato per disturbi mentali: un terzo delle donne che è stata dimessa nel 2016 dopo un ricovero per disturbi psichici ha nella propria scheda anche una diagnosi di abuso di alcol. Negli uomini la percentuale è del 19%.
Ha una diagnosi di questo tipo anche una persona su 6 che è stata ricoverata e dimessa per patologie dell’apparato digerente, una su 10 ricoverata per tumore e 8 individui su 100 ricoverati per malattie cardiovascolari, e il 12% degli uomini con diagnosi di tumore.
Sono oltre 71 mila invece i soggetti presi in carico dal sistema sanitario, o anche solo coinvolti in qualche gruppo di mutuo aiuto nel 2016, di cui un terzo ha iniziato il percorso proprio nell’ultimo anno. I nuovi utenti sono in media più giovani rispetto al resto delle persone già in cura.
Non dimentichiamo che nel 2017, come suggerito dal Piano Nazionale Prevenzione, il counseling individuale anche per problemi legati all’alcol è stato inserito nei nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza)
Anche la spesa farmaceutica per trattamenti per i problemi di alcol è in aumento, sia quella pubblica, cioè il denaro che le strutture del SSN spendono per questi medicinali, sia la spesa farmaceutica non convenzionata. Questi farmaci costano ogni anno al sistema pubblico 8,2 miliardi di euro, e la spesa è raddoppiata rispetto al 2007.
Il problema – come si evince – riguarda principalmente il sesso maschile. Un terzo dei consumatori di alcol uomini beve ogni giorno, contro l’11% delle donne. Ma a preoccupare maggiormente gli esperti è il consumo di bevande alcoliche fuori dai pasti, trend che è andato aumentando sensibilmente negli ultimi anni: nel 2014 consumava abitualmente alcol fuori dai pasti il 24,9% della popolazione intervistata, nel 2016 il 29,2%.
Parte di questo consumo diventa abuso pericoloso, specie fra i più giovani. Stiamo parlando del cosiddetto “binge drinking”, che riguarda nel 2016 il 17% dei giovani fra i 18 e i 24 anni, segnando due punti percentuali in più in due anni, e fra i maschi la percentuale sale al 21%.
I risultati emergono – di nuovo – dai dati sugli accessi in Pronto Soccorso, che sono più alti proprio nella fascia dei più giovani. Fra i maschi tra i 18 e i 44 anni nel 2016 si sono contati 132 accessi ogni 100 mila residenti dove la ragione principale è legata all’alcol, il doppio rispetto alla popolazione più anziana, quella degli over 65.