Anche se lentamente, sembra che gli effetti sull’economia dovuti al periodo di crisi che ha colpito il Mondo a partire dal 2008 si stiano attenuando, e l’occupazione in Europa pare non fare eccezione.
Stando ai dati pubblicati da Eurostat, dopo diversi anni di calo, la lenta risalita del tasso di occupazione europeo (calcolato su un range di età da 20 a 64 anni) cominciata nel 2013, negli ultimi anni ha fatto registrare nuovamente valori attorno al 70% e che si sono assestati al 71,1% nel 2016 con un’ulteriore crescita fino al 72,2% nel 2017.
Se i numeri complessivi sono incoraggianti per il prossimo futuro, ci si deve però chiedere come sia la distribuzione del lavoro fra i vari paesi europei e, allo stesso tempo, bisogna tenere in considerazione anche la suddivisione in termini di genere fra uomini e donne.
Nell’infografica che segue, sono rappresentate le nazioni europee ordinate in maniera decrescente a seconda del tasso di occupazione complessivo per il 2017.
Ogni paese è associato quindi ad un istogramma di lunghezza proporzionale alla percentuale di occupati e colorato con un gradiente di colore divergente che indica la variazione espressa in punti percentuale rispetto ai valori complessivi del 2016 (arancio valori negativi, blu più o meno intenso per quelli positivi).
In aggiunta, per ogni nazione sono presenti due marker circolari che indicano il tasso di occupazione per uomini e donne, rispettivamente di colore verde e rosa.
Per molti paesi è indicato anche un terzo valore, rappresentato con un marker arancio che rappresenta il target previsionale per il tasso di occupazione stimato per il 2020.
Nord Europa solido e crescita continentale diffusa
Come spesso accade per le graduatorie socio-economiche in ambito europeo, i paesi che godono delle migliori condizioni lavorative sono anche in questo caso concentrati prevalentemente nel nord Europa.
Fatta eccezione per la Svizzera, seconda con l’82,1% di occupazione complessiva, il terzetto di testa è completato da due paesi decisamente nordici come Islanda (87,6%) e Svezia (81,8%), mentre le più “centrali” Germania (79,2%), e Repubblica Ceca (78,5%) compaiono rispettivamente in quarta e sesta posizione alternando una top10 che diversamente sarebbe collocata a latitudini prettamente settentrionali.
Prendendo come metro di riferimento il 72,2% europeo, è interessante notare come quasi tutta l’area mediterranea sia posizionata al di sotto di questo valore con la sola eccezione della Slovenia (73,4%).
Tra le nazioni bagnate dal Mediterraneo con un valore inferiore al tasso di occupazione medio spiccano infatti la Francia (70,6%), la Spagna (65,5%), l’Italia (62,3%) e la Grecia (57,8%), con l’aggiunta della Turchia considerata in qualità di nazione transcontinentale in ultima posizione a quota 55,3%.
A prescindere dai valori percentuali assoluti che, come detto, differiscono anche di trenta punti percentuali tra gli antipodi della graduatoria, il dato che deve incoraggiare maggiormente riguarda la crescita diffusa rispetto al 2016.
Fatta qualche eccezione per Islanda, Norvegia e Danimarca che sono comunque sopra al 77% di occupazione complessiva e nelle quali si è verificato un lievissimo flesso, tutti i paesi hanno fatto registrare una crescita annuale che in alcuni casi si è assestata attorno ai tre punti percentuali come nel caso della Bulgaria (3,6%), della Slovenia (3,3%) e del Portogallo (2,8%).
L’uguaglianza di genere resta un miraggio
Uno dei tasti più dolenti nel mondo del lavoro resta sempre la disparità di sesso e, prendendo in esame i dati pubblicati per quanto riguarda uomini e donne, anche nel caso del tasso di occupazione lo scenario non sembra certo roseo.
Anche nel 2017, tutti i paesi confermano l’abitudine che vede l’occupazione maschile nettamente superiore a quella femminile e sono davvero pochi i casi in cui il divario è racchiuso in meno di quattro punti percentuali.
Fanno parte di questa particolare élite la Lituania in cui il divario in favore degli uomini è di un solo punto percentuale (76,5% contro 75,5%), la Finlandia (3,5) la Svezia (4 punti percentuali), la Norvegia (4) e la Lettonia (4,3).
All’estremo opposto ci sono nazioni in cui la distanza tra i due sessi è addirittura abissale come nel caso della Turchia dove, a fronte del 76,1% di occupazione maschile, solo il 33,6% delle donne tra 20 e 64 anni ha un’occupazione, costituendo così una differenza di quasi 43 punti percentuali che si attesta come divario maggiore su scala continentale a cui fanno seguito Malta (26 punti percentuali) e la coppia composta da Italia e Grecia (20).
Le prospettive dell’Italia in relazione al resto d’Europa
Con il terzo valore più basso per quanto riguarda la percentuale di donne lavoratrici (52,5%), il nostro paese dovrebbe auto imporsi l’obbligo morale di investire in questa direzione per posizionarsi il più vicino possibile agli standard europei (66,5%) analogamente a quanto occorre fare in termini assoluti per colmare il distacco di ben 10 punti percentuali che ci distacca dal valore medio complessivo fissato a 72,2%.
Dando uno sguardo al futuro, la prospettiva nel giro dei prossimi anni sarebbe quella di raggiungere almeno un tasso di occupazione totale pari al 68% che, tarato sulla realtà attuale equivarrebbe ad un discreto salto in avanti rispetto al presente ma che rimarrebbe comunque ancora lontano dai valori europei stimati (75%).
Come stimolo per migliorare in tal senso, è particolarmente interessante notare come circa un terzo dei paesi per i quali è stato fornito un target di riferimento abbia già raggiunto i valori prefissati per i prossimi tre anni.