Lex commissario alla Spending review, Carlo Cottarelli, convocato alle 11.30 al Colle, riceverà con molta probabilità dal capo dello Stato Sergio Mattarella l’incarico di tentare la formazione di un governo dopo la rinuncia di Giuseppe Conte, che ieri ha fatto tramontare il governo Lega-M5S. Cottarelli è giunto a Roma in treno, proveniente da Milano, intorno alle 11 e ha preso un taxi per il Quirinale.
Lo scontro politico e istituzionale resta altissimo. Mentre lo spread è tornato a salire non si ferma infatti il pressing sul capo dello Stato dopo che Luigi Di Maio e anche Giorgia Meloni hanno minacciato la messa in stato di accusa evocando la piazza. La cronaca di queste ore la trovate qui.
Il punto cruciale da cui tutti devono partire è quello brutale dei numeri – ossia dei seggi a disposizione per formare un’eventuale nuova maggioranza di governo.
Per capire quali sono le ipotesi più plausibili per un Governo Cottarelli abbiamo realizzato un piccolo gioco elettorale, in cui chi vuole può costruire da sé la propria coalizione ideale e verificare se – e quanti – numeri ha per governare.
Il gruppo parlamentare più consistente è quello del Movimento 5 Stelle, che però da solo non può arrivare a formare una maggioranza né alla Camera né al Senato. Poiché però esso dispone comunque di centinaia di deputati e senatori, per tutte le altre forze politiche è estremamente difficile arrivare a formare un governo che lo escluda.
A contare solo i seggi, l’unica alternativa plausibile a un esecutivo senza i 5 stelle sarebbe un accordo fra gli altri tre grandi partiti: Lega, PD e Forza Italia. Alleanza che però dal punto di vista politico non avrebbe molto senso, per cui appare improbabile. Tutte le altre possibilità che consentono di raggiungere i 316 deputati necessari presuppongono invece che i 227 eletti nel Movimento votino la fiducia al nuovo governo.
Perché ci sia un esecutivo, s’intende, una maggioranza serve anche al Senato. Lì i rapporti di forza fra partiti non sono poi così diversi, e le cose cambiano un po’ soprattutto all’interno nel centro-destra, dove rispetto alla Camera Forza Italia guadagna grosso modo quanto perde la Lega.
In entrambi le aule appare poi difficile che i partiti più piccoli siano in grado di spostare gli equilibri in un qualsiasi verso: al massimo sembra plausibile che possano rafforzare maggioranze già esistenti e nate dall’accordo fra i grandi. A meno che parti importanti di questi ultimi non si disgreghino in favore del governo un po’ come è successo in passato con i cosiddetti “responsabili”, ma questa volta i voti richiesti per tenere a galla un governo – quale che sia – risulterebbero comunque parecchi.