Qualcuno parla di inizio della terza Repubblica. I diretti interessati si definiscono “il Governo del cambiamento”. Indubbiamente il Governo gialloverde guidato da Giuseppe Conte rappresenta un momento di discontinuità rispetto al passato. Specchio ne è la nuova classe dirigente che sta oggi governando il paese, frutto di percorsi di studi e professionali gradualmente cambiati rispetto alle origini della nostra Repubblica.
Come è cambiata la classe dirigente alla guida del nostro paese? Abbiamo provato a rispondere alla domanda analizzando i dati.
La costruzione di questo enorme dataset è opera di Andrea Carboni, ricercatore presso l’Armed Conflict Location & Event Data Project (ACLED) e dottorando all’Università del Sussex, dove conduce ricerche su elite politiche in Nord Africa e nel Medio Oriente. La raccolta è stata condotta in diverse fasi, ciascuna orientata a conoscere la composizione di tutti i governi mese per mese, oltre al profilo politico, anagrafico e socio-professionale di ministri e sottosegretari. Ha richiesto la consultazione di numerose fonti accessibili pubblicamente. Tra queste fonti ufficiali (come il sito del governo, quelli di Camera e Senato e l’anagrafe degli amministratori locali), siti specializzati (tra i quali storiadc.it), pagine Wikipedia di governi, partiti e membri dell’esecutivo, articoli di giornale nazionali e locali e alcune fonti presso l’Archivio Centrale dello Stato a Roma. Prese singolarmente alcune di queste fonti presentavano criticità ed errori, rendendo dunque necessaria la triangolazione delle informazioni (in alcuni casi il sito del governo dimenticava alcuni sottosegretari). Considerando anche Viceministri, segretari e sottosegretari, nel suo complesso il Governo Conte ha tra le più basse percentuali di laureati dal 1946. Un 22.7% che è comunque inferiore al 23.2% raggiunto dal precedente Governo Gentiloni nell’ultimo mese di governo. Si scende al 15.8% prendendo in analisi soltanto il Presidente del Consiglio e i ministri. Parlando esclusivamente di cariche ministeriali, il 100% di laureati è stato raggiunto per l’ultima volta durante il Governo Monti, dal novembre 2011 al 28 aprile 2013. Quel giorno termina ufficialmente l’avventura di Monti a Palazzo Chigi, con la tradizionale cerimonia del passaggio di consegne al nuovo esecutivo guidato da Enrico Letta.
Ma torniamo all’attuale esecutivo e guardiamolo nel dettaglio attraverso la grafica.
Conta il titolo di studio? Partiamo dai due volti dell’accordo Movimento-Lega, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Di Maio, ministro dello sviluppo economico, ministro del lavoro e delle politiche sociali. Salvini ministro dell’Interno. Entrambi vicepresidenti del Consiglio si sono fermati al diploma pur intraprendendo la carriera universitaria senza riuscire a concluderla. Matteo Salvini è solo il secondo ministro dell’Interno non laureato dal 1946. Il primo fu Claudio Scajola, che raggiunse però la laurea dopo anni da studente-lavoratore a inizio 2000, mentre era in carica. Un ministro del lavoro non laureato non è invece una grossa novità. Anche il predecessore di Di Maio, Giuliano Poletti, è diplomato all’istituto tecnico agrario G. Scarabelli di Imola come agrotecnico. Risalendo fino agli albori della Repubblica Cesare Damiano, Antonio Bassolino, Nino Cristofori, Carlo Donat-Cattin, Michele di Giesi, Mario Toros e il ministro del Lavoro del 1946, Ludovico D’Aragona, potevano vantare la licenza media superiore.
Quale è il titolo di studio della classe di Governo? Il Governo, nel suo complesso (considerando anche le cariche non ministeriali), è formato principalmente da diplomati e laureati in materie economiche. Queste ultime sono per la prima volta in testa tra i campi di studi dall’alba della Repubblica. Dominata, da sempre, da giuristi e studiosi di diritto, mai scesi sotto al 50% fino al 1965, costantemente in ribasso dal 1996. Dal 74.4% degli ultimi mesi del 1949, oggi l’esecutivo gialloverde raggiunge solo il 16.7%.
E i ministri? Concentrandosi esclusivamente sulle cariche ministeriali si ristabilisce la storica gerarchia. Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è laureato con lode in Giurisprudenza, presso l’Università La Sapienza di Roma. A lui si aggiungono 5 ministri a formare il 31.6% delle cariche ministeriali. Una percentuale che rimane comunque tra le più basse mai raggiunte. Aggiungiamo una seconda grafica per avere un quadro più ampio e comprendere al meglio come il Governo Conte si pone all’interno della storia della Repubblica.
La visualizzazione rappresenta la suddivisione dei governi per campi di studio. Maggiore la dimensione dell’area, più alta la percentuale. Allo stesso tempo le aree vengono ordinate, da sinistra verso destra, così che la classifica sia chiara anche in caso di percentuali molto simili. È possibile evidenziare i diversi titoli di studio cliccando sulle icone in alto. Appena sopra la timeline è possibile filtrare solo le cariche ministeriali. Nella versione desktop, sulla destra, si osservano Presidenti della Repubblica o Presidenti del Consiglio. Posizionando il cursore del mouse sulle icone e sulla timeline appariranno ulteriori informazioni.
Laureati o non laureati? Partiamo dalla prima grande divisione, quella tra laureati e non laureati (nella grafica il bianco rappresenta titoli di scuola primaria e secondaria). L’attuale Governo conferma il trend degli ultimi anni. La diminuzione dei laureati è lenta ma progressiva. Dall’86% degli inizi all’attuale media, che si attesta intorno al 75%, nonostante oggi l’accesso alle università sia aperto a fasce molto più ampie di popolazione.
Evidente inoltre il mutamento delle lauree. Se la prevalenza di laureati in giurisprudenza è stata per anni molto netta (e sempre prima in percentuale), a partire dagli anni Novanta si osserva una maggior pluralità.
In crescita le lauree in materie economiche (in verde chiaro), che hanno comunque avuto sempre uno spazio negli esecutivi. La presenza delle scienze sociali (scienze politiche e sociologia) è divenuta invece consistente solo a partire dagli anni Novanta, dopo una rappresentanza nulla o molto limitata nei primi 40 anni di Repubblica. Nell’attuale governo il 10.6%, che passa al 15.8% considerando esclusivamente le cariche ministeriali (nel grafico indicate in grigio). Elisabetta Trenta (scienze politiche con indirizzo economico), Gian Marco Centinaio (scienze politiche con indirizzo economico-territoriale) e Lorenzo Fontana (scienze politiche) sono i 3 ministri con un background proveniente dalle scienze sociali.
Per evidenziare le peculiarità dell’attuale esecutivo è interessante fare un passo indietro, analizzando la fotografia del governo tipo della Repubblica, dominata da laureati in giurisprudenza.
Seguono, a debita distanza, i possessori di diploma di scuola secondaria, seguiti dalle materie umanistiche e le scienze sociali. Il Governo Conte si differenzia sensibilmente.
Oltre al crollo di giurisprudenza, la novità più rilevante nel governo attuale è la crescita delle lauree in ingegneria, anche se non rappresentate tra i ministri. Il 9.2% rappresenta la percentuale più alta di sempre. Un titolo di studio scomparso negli ultimi 3 anni, sin dall’agosto 2014, quando la percentuale si attestava all’1.7%. A rappresentare la laurea in ingegneria era il Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel Governo Renzi, Roberto Reggi, laureato in ingegneria elettrotecnica. Oggi sono i sottosegretari Andrea Cioffi (ingegneria civile edile), Angelo Tofalo (ingegneria civile), Davide Crippa (ingegneria civile e ambientale), Manlio Di Stefano (ingegneria informatica), Mattia Fantinati (ingegneria gestionale) e il Viceministro del Ministero dello Sviluppo Economico Dario Galli (ingegneria meccanica).