Il 24 marzo scorso in occasione della Giornata Mondiale della Tubercolosi, l’ECDC (Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) ha pubblicato i dai relativi alle morti per tubercolosi nel 2016 in Europa: 4300 decessi su oltre 5 milioni di morti complessive. Nel 2015 i decessi erano stati 4500, e in generale il trend è andato diminuendo negli ultimi 10 anni, nonostante il numero di nuovi casi sia purtroppo cresciuto nello stesso periodo.
La buona notizia è che l’Italia rimane un paese a bassa incidenza di tubercolosi (<20 casi/100.000), anche oggi, dopo anni di migrazioni. Dal 2012 al 2016 in Italia il tasso di notifica di TB è diminuito in media del 1,8% ogni anno.
Nel 2016 sono stati notificati 4032 casi di tubercolosi che corrisponde a un’incidenza nella popolazione di 6,6/100.000 abitanti, in leggero calo rispetto agli ultimi 10 anni (erano 7,4 casi per 100.000 nel 2008). Per fare un confronto, nel 1955 erano stati notificati 12.247 casi di tubercolosi, cioè 25,3 casi per 100.000 persone. Nel 2016 il 70% dei casi totali ha presentato una tubercolosi polmonare, mentre sono stati notificati 70 casi di TB multiresistente (il 2,6% del totale dei casi notificati) e 7 estremamente multi resistente.
Anche dal punto di vista della mortalità, in Italia le cose sono sostanzialmente stabili, con un tasso di 0,6 morti su 100 mila. Sempre nel 1955, il tasso grezzo di mortalità nel nostro paese era di 22,5 decessi per 100.000 persone. Nel complesso fra i paesi dell’Unione Europea i tassi in 10 anni si sono addirittura dimezzati, complici sicuramente i miglioramenti dei sistemi sanitari nei paesi storicamente meno ricchi.
Nel 2016 l’1,9% dei casi ha riguardato bambini entro i 4 anni, il 2% bambini dai 5 ai 14 anni, il 18% ragazzi dai 15 ai 24 anni, il 35% dei casi persone dai 25 ai 44 anni, un altro 18% individui dai 45 ai 64 anni e l’ultimo 14% gli over 65. In Europa il 45% dei casi nuovi registrati si sono verificati in persone tra i 25 e i 44 anni di età mentre i casi in soggetti di età inferiore a 15 anni sono stati circa il 4% del totale.
La buona notizia è che nonostante gli stranieri siano in generale la fetta più grossa fra i nuovi casi, le cose in Italia non vanno certo peggio che in altri paesi, anzi. Nel 2016 il 62% delle nuove diagnosi di TB riguardavano persone non native, mentre un altro 30% italiani. In Germania gli stranieri colpiti sono il 69% del totale dei nuovi casi, nel Regno Unito il 70,8% e in Francia il 56%. In paesi come la Norvegia e la Svezia quasi il 90% delle diagnosi riguarda persone non native. In Olanda il 75%.
E non certo perché chi arriva è già malato, ma perché spesso gli stranieri vivono in condizioni meno favorevoli e sono quindi esposti a un rischio più alto di contrarre la malattia in Italia, come sottolineano i dati delle orveglianze condotte al momento degli sbarchi e nei vari tipi di centri di accoglienza dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’INMP negli ultimi anni.
Se è vero che a partire dal 2009 si è verificato un costante aumento della proporzione di casi notificati tra cittadini nati all’estero (che rappresentavano il 44% nel 2005 e il 66% nel 2014), la tubercolosi in Italia purtroppo non se ne è mai andata. Ancora oggi nonostante i miglioramenti dal punto di vista di prevenzione e cure continuiamo a essere soggiogati dalla malattia.
Un problema non secondario è rappresentato per esempio dalle prigioni. Il rischio di contrarre la TB in prigione è 25 volte più elevato. Il 6% dei nuovi casi di tubercolosi nella regione europea si è verificato in prigione, con una differenza fra paesi dell’Unione Europea e non rispettivamente di 862 e 1144 casi per 100 mila persone.
Va precisato inoltre che in numero assoluto abbiamo avuto nel 2016 molti meno casi in Italia rispetto a quanti se ne sono contati in Germania, Regno Unito e Francia, solo per citare alcuni paesi. Abbiamo avuto 2509 diagnosi fra stranieri, 1180 fra italiani e 343 di nazionalità sconosciuta. In Germania ne hanno registrate 4125 fra stranieri, 1427 fra tedeschi e 363 di origine sconosciuta. In Gran Bretagna rispettivamente 4369, 1662 e 144. In Francia infine, 2758 fra stranieri e 2200 fra francesi.
In ogni caso, dal 2012 a oggi, nel periodo cioè delle più intense ondate migratorie, la percentuale di nuove diagnosi su persone straniere è aumentata di soli 6 punti percentuali, passando da rappresentare il 56% dei nuovi casi di tubercolosi nel 2012 al 62% del 2016.