Quasi tutti, vale la pena di dirlo dal principio, perché tra quelli previsti dal codice penale Infodata ne ha estrapolati nove. E su questi si è concentrata nell’analisi. Una scelta in qualche modo arbitraria, ma si è deciso di concentrarsi su delle fattispecie che più di altre possono generare allarme sociale: dall’omicidio al furto, dalla violenza sessuale alla rapina, dallo stalking all’estorsione.
Lo spunto per questo pezzo nasce dal commento di un lettore ad un articolo che, numeri alla mano, spiegava come non si possa parlare di un’invasione di migranti nel nostro Paese. La richiesta quella di mettere a confronto la serie storica da un lato dei crimini commessi dagli stranieri, dall’altro della popolazione immigrata. Ovviamente nazionalità per nazionalità. Calcolando così una sorta di tasso di criminalità.
Ora, prima di procedere oltre occorrono due precisazioni. La prima, per quanto ovvia da ribadire, si lega al fatto che un immigrato che commette un reato non rende criminali tutti i suoi connazionali emigrati come lui (o lei, abbiamo considerato anche i reati commessi dalle donne). Qui non esiste l’osmosi, per dirla in termini chimici. Diversamente, Giuseppe “Clutch hand” Morello avrebbe fatto di tutti gli italoamericani dei mafiosi.
La seconda invece è di natura giuridica. La presunzione di innocenza vorrebbe infatti che, parlando di reati, si tenessero in considerazione esclusivamente quelli per i quali c’è un responsabile condannato in via definitiva. Dati che sono disponibili sul sito di Istat, ma il cui utilizzo crea alcuni problemi sotto il profilo cronologico. Il dataset dell’istituto nazionale di statistica, infatti, classifica i detenuti sulla base dell’anno in cui il loro nome viene inserito nel casellario giudiziario.
Mettiamo il caso di un tedesco (non ce ne vogliano a Berlino) che abbia compiuto una violenza sessuale nel 2010, sia stato condannato nel 2015 e abbia iniziato a scontare la pena nel 2016: Istat lo inserisce in questa annualità. In questo modo il dato è totalmente scollegato rispetto all’andamento della popolazione tedesca immigrata in Italia. Ecco allora che Infodata si è concentrata sulle denunce, che invece vengono conteggiate nell’anno in cui vengono presentate, ovvero verosimilmente lo stesso in cui il reato è stato compiuto. Ultimo aspetto, sono state escluse dal computo le nazionalità con meno di mille residenti nel Paese, che rischiavano di creare quelli che si potrebbero definire falsi positivi. Il risultato è questo:
Ogni bolla rappresenta una nazionalità. Più è grande, maggiore è il numero di persone con quel passaporto denunciate per una determinata ipotesi di reato nel corso dell’anno considerato. Più è scuro, più è alto il numero di persone di quella nazionalità denunciate ogni 100 residenti con lo stesso passaporto. Il filtro ‘Anno’ consente di selezionare più annualità sulle quali concentrarsi. Quello ‘Reato’, invece, di scegliere un’altra fattispecie da esaminare.
Ora, una possibile chiave di lettura riguarda il fatto che una bolla piccola e molto scura indica un alto tasso di criminalità. Ovvero tante denunce rispetto a una popolazione tutto sommato ristretta. E, ma questa è un’ipotesi, potrebbe essere la spia dell’esistenza di un’organizzazione che gestisce l’immigrazione a scopo criminale. Ma, si badi, non è nient’altro che un’ipotesi.
Interessante anche evidenziare l’evoluzione nel tempo dei fenomeni. Si guardi ai furti, visualizzati di default nell’infografica, commessi da persone di nazionalità rumena: in numeri assoluti, tra il 2007 ed il 2016, non sono cambiati. Si tratta sempre di 16mila denunciati. È cambiato, invece, il tasso di criminalità, sceso da 4,86 a 1,42 denunce ogni 100 abitanti. Significa che nel frattempo è aumentata la popolazione rumena in Italia. E che sono arrivate soprattutto persone oneste. Questo significa che per ridurre il tasso di criminalità degli stranieri bisogna favorire l’immigrazione? Ovviamente no.
Come già detto, a risultare più interessanti sono le bolle piccole e scure. Per i furti denunciati nel 2016 saltano all’occhio i cileni, con oltre 14 denunce ogni 100 abitanti. Per i reati legati agli stupefacenti, invece, i gambiani, con più di 15 denunce ogni 100 abitanti. Detto questo, individuare in generale una correlazione diretta tra l’immigrazione e la criminalità non è corretto.
Ci sono ad esempio nazionalità con un tasso di criminalità inferiore a quella italiana: nel 2016, ad esempio, 0,05 rumeni su cento sono stati denunciati per reati legati alla droga, contro gli 0,07 italiani ogn 100. La conclusione, insomma, è che collegare criminalità e immigrazione rischia di essere una generalizzazione scorretta. Che poi possa pagare o meno in termini elettorali, questa è tutta un’altra storia. Al lettore, se ne ha voglia, la curiosità di ‘giocare’ con l’infografica e studiare la relazione tra i due fenomeni nell’ultimo decennio.