Il consenso può essere misurato anche chiedendo agli italiani quanto approvano l’attività del governo, del presidente del consiglio o di singole figure politiche. Un’analisi condotta da YouTrend su dati Lorien Consulting mostra che il governo Conte godeva, appena formato, del consenso del 53% delle persone. Gli esecutivi Renzi, Letta e Monti partivano tutti da valori più elevati – anche se spesso di poco –, mentre il governo Gentiloni è stato molto meno popolare.
Al traguardo dei cento giorni per il governo Conte il consenso è rimasto sostanzialmente fermo dov’era, un po’ com’era successo per Renzi, mentre in Letta e soprattutto Monti l’approvazione era diminuita molto. Caso opposto quello di Gentiloni, che gli elettori hanno apprezzato in maggior misura in tre mesi di attività, anche se partendo da una base così bassa risalire può essere più semplice.
La ragione più plausibile dietro un consenso immobile, per questo governo, si trova probabilmente nel fatto che esso non ha in sostanza approvato ancora nessun provvedimento di un certo peso. Dalla flat tax al reddito di cittadinanza, fino alla contro-riforma delle pensioni, tutte le principali promesse elettorali per ora non sono state affrontate: al più l’attività dell’esecutivo si è concentrata sulla critica all’accoglienza dei migranti – ma anche qui più teorica che pratica, perché di grandi novità dal punto di vista concreto non ci sono ancora state.
Pare sensato che il punto nodale, per capire dove tirerà il vento del consenso, sarà nei numeri della prossima finanziaria. A quel punto non potrà che vedersi, nero su bianco, quante delle generosissime promesse elettorali il governo sarà in grado di mantenere. Analisi indipendenti hanno mostrato che il loro costo ammonterebbe a decine di miliardi di euro, che dunque dovranno essere trovati o attraverso nuove tasse o tramite tagli di spesa, oppure ricorrendo a più debito – caso quest’ultimo che però ci porrebbe in violazione delle regole europee e dunque assai implausibile.
I risultati della Lega – e del PD prima ancora, celebrato per il 40% alle europee del 2014 e poi crollato poco dopo – mostrano che viviamo in un periodo in cui il consenso elettorale appare particolarmente volatile. Così come i voti piovono un giorno, a non fare attenzione facilmente vengono lavati via l’altro.
Oltre ai partiti ci sono poi singole figure politiche, di cui i sondaggisti hanno verificato l’approvazione presso gli italiani. Dalle rilevazioni di quattro istituti diversi raccolte sempre da YouTrend, e condotte fra fine agosto e inizio settembre, il leader che gode della maggior percentuale di giudizi positivi è Matteo Salvini, seguito dal premier Conte. Gentiloni e Di Maio sono leggermente più basso e grosso modo allo stesso livello, mentre Renzi e Berlusconi risultano ormai entrambi estremamente impopolari.
La parabola di Renzi è istruttiva anche per il caso Salvini: nel 2014, secondo rilevazioni di Piepoli e Ipsos, l’ex segretario del PD aveva un livello di approvazione simile e probabilmente anche superiore rispetto al leader della Lega oggi. Quattro anni dopo, le cose non potrebbero essere più diverse.