Che quello della scarsità dei medici in Italia sia un problema è cosa nota. Come raccontavamo qualche mese fa su Infodata , fra cinque anni il gap si dovrebbe sentire in tutte le specializzazioni mediche, con particolare veemenza fra i pediatri (6000 pensionamenti contro 2900 nuovi contratti), gli internisti (4119 pensionamenti e 2280 nuovi contratti), chirurghi (3621 pensionamenti contro 2710 assunzioni) e cardiologi (rispettivamente 2904 contro 2480 unità).
Ci sono aree d’Italia dove per questo motivo si è costretti a pensare di chiudere gli ospedali più periferici, che magari sono importanti in zone meno collegate con i grandi centri urbani, e non parliamo solo del sud Italia. A Belluno per esempio si stima manchino addirittura 100 medici, e due ospedali su quattro della provincia rischiano di essere chiusi.
Le ragioni di questo fenomeno sono diverse, non da ultimo il fatto che gli stipendi dei medici variano da regione a regione, senza alcun gradiente nord-sud. In sostanza in alcune regioni conviene meno andare a lavorare. I dati più recenti in materia purtroppo risalgono al 2013 e sono inclusi in uno studio condotto da STEM su dati Agenas. Le differenze regionali saltano subito all’occhio: un dirigente medico costa mediamente 226 mila euro a Bolzano, 143 mila a Trento, 123 mila in Valle d’Aosta e 102 mila euro in Sardegna, 105 mila euro in Toscana e 107 mila euro in Umbria. Lasciando da parte Bolzano, un dirigente medico in Umbria costa alla sua regione oltre 30 mila euro in meno rispetto a un collega di Trento.
Tutto questo significa che chi lavora ha un carico enorme sulle spalle. Si chiama “sindrome da burnout” e mette a rischio buona parte della qualità delle cure mediche. In Italia, un’interrogazione parlamentare presentata da FNOMCEO(Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri) stima che un buon 30 per cento degli operatori sanitari con più di 50 anni, demoralizzati dalla mole di lavoro, da una burocrazia sempre più ingombrante e da preoccupazioni legali stia pensando di cambiare settore.
Viene da chiedersi se forse anche la tecnologia possa venire in aiuto ed è senza dubbio interessante osservare che cosa sta accadendo in Cina, che negli ultimi anni ha investito pesantemente nella riforma sanitaria negli ultimi anni, per far fronte all’invecchiamento della popolazione e anch’essa alla carenza di personale. La Cina conta 1,8 medici praticanti su 1.000 cittadini, rispetto ai 2,6 degli Stati Uniti e ai 4,3 della Svezia.
Come riportano gli esperti del World Economic Forum , nel 2017, la città di Guangzhou ha aperto la prima clinica in Cina per diagnosticare la cataratta – con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale. Si prevede che lo strumento possa risparmiare tempo indirizzando i pazienti verso il miglior specialista per le loro esigenze, consentendo di trattare più pazienti. Yu Weihong, un oftalmologo presso Peking Union Medical College Hospital, in un’intervista di pochi mesi fa al New York Times dichiarava che a fronte dei due giorni che impiega lui stesso ad analizzare le immagine degli occhi dei pazienti da discutere poi con i colleghi, ci sono software di AI in grado di farlo in tempi enormemente inferiori. E non stiamo parlando di una tecnologia sconosciuta. Il software – spiega Weihong – è stato sviluppato da una start-up che ha raccolto 28,5 milioni di dollari da compagnie importanti della Silicon Valley, fra cui Sequoia Capital.
Secondo Yiou Intelligence, una società di consulenza con sede a Pechino, circa 131 aziende cinesi stanno attualmente lavorando per applicare l’IA nell’assistenza sanitaria, ma attenzione: non per sostituire i medici, ma per supportarli, come una sorta di assistente personale “intelligente”, ad esempio aiutandoli a ottenere una rapida panoramica di tutte le informazioni clinicamente rilevanti di un paziente. “Combinando i metodi di intelligenza artificiale come l’elaborazione del linguaggio naturale e l’apprendimento automatico con la conoscenza clinica – si legge – è possibile raccogliere tutte le informazioni clinicamente rilevanti del paziente in un unico posto. I medici possono così dedicare meno tempo alla raccolta di queste informazioni spesso sparse contenute in report non strutturati e quindi meno tempo seduti davanti a uno schermo per ottenere un’immagine completa del paziente.”
Sicuramente non basterà questo tipo di supporto per agevolare il lavoro della classe medica e tappare gli attuali buchi a livello di organico, ma in alcuni casi la tecnologia potrebbe diventare un valido alleato per velocizzare e rendere più agevoli alcuni aspetti del lavoro quotidiano dei medici.