Al di là dei politici, del colore dei Governi, dei tempi buoni e cattivi, la storia economica dell’Italia degli ultimi anni è quella di uno spostamento verso la periferia – sempre più fuori dal gruppo di chi traina il carro.
Secondo gli ultimi dati sul Pil pro capite degli europei, aggiornati da Eurostat al 2016, l’insieme di regioni italiane con un reddito sopra la media dell’unione si rimpicciolisce da anni. Anche regioni più prosperose come la Lombardia in sé non stanno poi male, ma faticano a tenere il ritmo del resto d’Europa diventando sempre meno centrali.
Una piccola nota positiva nel 2016, ci dicono gli ultimi numeri, è che almeno il calo relativo rispetto alla media europea si è interrotto; e anzi c’è stata una piccolissima inversione di tendenza, per quanto al limite del rumore statistico. Resta però che la crescita italiana continua ad essere fra le più lente, e senza un deciso cambio di rotta non esiste motivo per pensare a un cambio di verso.
Tornando indietro al 2000, gli abitanti di regioni del centro-nord disponevano – chi più, chi meno – di un reddito pro capite superiore alla media europea. Oggi molte di esse sono finite sotto la linea, e anche aree tradizionalmente sicure come Piemonte, Toscana o Friuli-Venezia Giulia ci si stanno avvicinando molto.
Questo è dovuto alla combinazione di due fattori: noi cresciamo poco – quando non torniamo proprio indietro per la crisi –, e gli altri crescono in fretta. Tracciando la media europea come segno di demarcazione in una mappa, troviamo il sud con un arancione che scurisce sempre di più in direzione di redditi bassi come quelli dell’est Europa, e il centro-nord che dal blu vivace passa a un colore sempre più pallido.
Qualcosa di simile è successo anche in Francia, dove oggi diverse regioni hanno un reddito inferiore alla media europea. Questo risultato però va messo nel giusto contesto: nell’area di Parigi dove invece il PIL pro capite è parecchio sopra questo punto vive comunque quasi il 20% dei francesi.
Che il baricentro dell’Europa si sposti in un certo senso è normale: dopo tutto crescere è più facile per i paesi poveri che per quelli ricchi. Non è detto però che debba sempre andare così. Per esempio molte regioni tedesche sono rimaste grosso modo stabili, in questo senso, e quelle dell’ex Germania est hanno recuperato almeno in parte il divario che si era creato dopo decenni di comunismo.
Certo a questo ritmo prima di tornare alla pari con l’ovest servirà ancora del tempo, ma almeno la direzione è quella giusta. La differenza con l’Italia emerge proprio osservando regioni di questo gruppo, nel 2000 tutto sommato simili per reddito a quelle del centro-sud italiano. Eppure da allora le prime sono andate in un verso – convergendo con il resto dell’unione – le seconde nell’altro, crescendo pochissimo o tornando proprio indietro dopo la crisi.
L’ultimo fatto da considerare, per farsi un’idea precisa di dove sono arrivate le singole regioni, è la popolazione. Il caso di Parigi è appunto emblematico: certo è una delle pochissime aree francesi con un reddito ancora sopra la media europea, ma poiché lì vivono comunque moltissime persone la situazione del paese transalpino è migliore di quanto può sembrare a una prima occhiata.
Nel caso dell’Italia le regioni povere sono quelle in cui più spesso non c’è particolare crescita della popolazione, e gli abitanti sono tutto sommato stabili da tempo. Questo succede in particolare al sud, dove a contribuire sono l’emigrazione dei giovani e la mancanza di nuovi immigrati – che in genere hanno più figli.
In Lombardia è vero il contrario, e in quindici anni la popolazione è aumentata di circa un milione di persone insieme a un certo calo – sempre rispetto alla media europea – del reddito medio. I cambiamenti forse più impressionanti si sono però verificati al centro, con una regione come l’Umbria che ha visto il tenore di vita relativo dei propri abitanti crollare anche di 25 punti percentuali: un numero che sembra forse un po’ astratto, ma esprime per esempio la stessa differenza di reddito che oggi passa fra la Slovenia occidentale e il Lazio.
Per consentire un confronto più accurato, le statistiche del PIL prodotte da Eurostat includono anche stime dell’evasione fiscale. Un altro elemento da tenere presente però è che i dati sul reddito in percentuale della media europea qui riportati non considerano il diverso costo della vita delle nazioni europee. Poiché esso è minore nelle nazioni più povere, la differenza nel tenore di vita reale fra chi vive in queste ultime e nei paesi più ricchi è senz’altro ancora minore di quanto sembra – almeno rispetto ai soli numeri.