Per quanto si sciolgano sempre più in fretta, i ghiacci artici sono lontani. E lo stesso vale per gli uragani che sempre più distruttivi si abbattono sul suolo americano. Quando poi le catastrofi legate agli eventi climatici estremi arrivano a casa nostra, come sta succedendo in queste ore nel cagliaritano, siamo giustamente più concentrati sui soccorsi e sulla successiva ricostruzione. Il risultato è che trascuriamo la causa profonda di tutto ciò: il riscaldamento globale.
Eppure, la situazione è allarmante. Secondo il quinto rapporto dell’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change), pubblicato pochi giorni fa, abbiamo 12 anni per contenere l’aumento della temperatura globale entro gli 1,5°. Dopodiché sarà catastrofe. Aiuterebbe allora a far crescere la consapevolezza del problema la possibilità di toccare con mano gli effetti del riscaldamento globale? Capire cioè quanto siano cresciute le temperature, se non proprio nel giardino di casa propria, almeno nella città in cui si vive?
Se la risposta è sì, lo European Data Journalism Network, una rete per il giornalismo data driven che raccoglie diverse testate e organizzazioni europee, ha la soluzione. O meglio, ha i numeri che permettono di capire come stia cambiando il clima a livello cittadino. Nei giorni scorsi lo EDJN ha infatti pubblicato One degree warmer”, un’inchiesta realizzata analizzando oltre 100 milioni di dati meteorologici relativi a 54 delle quali italiane. Numeri che coprono gli ultimi 117 anni di storia e che consentono di capire come siano cambiate le cose tra il XX ed il XXI secolo. Ad esempio considerando l’aumento dei giorni considerati caldi e di quelli definiti freddi:
Nel grafico più un punto è in basso più sono diminuiti i giorni freddi, più è a destra più sono aumentati quelli caldi. Le dimensioni dei punti indicano l’aumento della temperatura media. Il colore vira dall’azzurro al rosso quanti più sono i giorni freddi “cancellati” dal riscaldamento globale. Il raffronto è fatto tra la situazione nel secolo scorso e quella dei primi 17 anni di quello attuale.
Caldo e freddo, ovviamente, sono due concetti relativi. Nello specifico, un giorno freddo è definito come una giornata in cui la temperatura media è stata inferiore a -1°C. Circostanza ovviamente straordinaria a Cipro, più che normale a Helsinki. Ed è proprio per tener conto di questo tipo di differenze che le giornate calde sono definite come quelle giornate in cui è stata superata una determinata temperatura media, diversa per ciascuna città. Per i nerd della statistica: corrisponde a un calcolo combinato delle deviazioni standard dalla temperatura media registrata tra il 1900 ed il 2017.
Così, per tornare ai due esempi citati poc’anzi, a Lefkosia (Cipro) un giorno è considerato caldo se la temperatura media supera i 32°. Mentre a Helsinki basta andare oltre i 21 gradi per inserire la giornata tra quelle calde. In Italia ci si muove dai 18 di Bolzano ai 28 di Rimini e Trapani. Vale la pena di ricordare ancora una volta che si tratta di temperatura media giornaliera: non basta insomma che i termometri superino questa soglia tra mezzogiorno e le due di pomeriggio perché la giornata venga considerata calda.
Se appunto andiamo a valutare la situazione italiana, utilizzando il filtro in alto a sinistra, possiamo innanzitutto notare una cosa. Ci sono delle città nelle quali il principale effetto del riscaldamento globale è stato quello di aumentare le giornate cosiddette calde. A Pescara, Ancona e Lecce sono circa 11 in più ogni anno. Se si tiene conto che nel secondo scorso erano meno di una ogni anno, si comprende bene come siano cambiate le cose.
Al capo opposto, ci sono realtà in cui gli effetti del cambiamento climatico si esprimono principalmente con una riduzione delle giornate in cui la temperatura media è inferiore a -1°C. Bergamo, Milano e Pordenone hanno perso 15 giorni di gelo rispetto al secolo scorso. Giusto per comprendere meglio: nel capoluogo lombardo il secolo scorso vedeva in media 39 giornate “gelate” l’anno. Dal 2000 ad oggi questa cifra si è ridotta a poco più di 23.
Ora, la variazione nella media di giornate calde e fredde può essere un indicatore non immediato per capire la portata del problema. Più efficace a questo scopo è certamente la temperatura. Capire cioè quanti gradi in più si registrino in media. Altro dato che l’inchiesta dell’EDJN mette a disposizione. E che Infodata ha rappresentato su questa mappa:
Di default viene visualizzata l’Italia, ma basta usare il filtro in alto a sinistra per scegliere un altro Paese europeo. I punti sono tanto più scuri quanto più è alta la differenza tra la temperatura media del XXI secolo e quella del XX secolo.
È importante innanzitutto notare che non si registrano valori negativi: nessuna delle 558 città censite presenta una temperatura media più bassa in questo secolo rispetto al precedente. Si va dagli 0,05 gradi in più di Ponta Delgada in Portogallo agli 1,59 di Granada in Spagna. Sì, qui come in altre tre città europee è stata superata la soglia degli 1,5°: si tratta di Linares e Cordoba in Spagna. Ma anche, altro elemento che da le dimensioni del problema, a Pori, in Finlandia. Dove nel XX secolo la temperatura media era di 4,59 gradi mentre, con il nuovo millennio, è salita a 6,1.
In Italia, come si può osservare dalla mappa, l’aumento delle temperature medie ha riguardato soprattutto le città del Nord. Il record spetta a Pavia, dove l’aumento è stato di 1,29 gradi. Quello più contenuto ha riguardato invece Cagliari, dove ci sono appena 0,3 gradi in più rispetto al secolo scorso. A Roma l’aumento è stato di 1,03 gradi, a Milano di 1,19, a Torino di 0,94. Ancora, a Firenze di 1,17 gradi, a Napoli di 0,68, a Palermo di 0,6. È questa la situazione nel giardino di casa nostra. Un giardino in cui fa sempre più caldo.