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tecnologia

Ci sono 4,3 milioni di italiani senza internet. Ecco chi sono i disconnessi?

Nei giorni scorsi il Censis ha pubblicato un rapporto sulla tecnologia presente nelle case degli italiani, che ha messo in luce ancora una volta come a farla la padrone sia oggi come ieri la televisione. Ben più della rete. Il 97,1% delle famiglie intervistate (20 mila in tutto) ha almeno un apparecchio televisivo, ma solo il 22,1% un pc desktop, il 48,1% un portatile e il 26,4% un tablet.
Nelle case degli italiani ci sono infatti oltre 43 milioni di televisioni e solo 5,6 milioni di pc fissi, 14 milioni di portatili e 7,4 milioni di tablet. L’82% delle famiglie italiane possiede un collegamento internet (il 98% fra le famiglie giovani, con meno di 34 anni), ma solo la metà di esse ha sia un connessione domestica che mobile, e una su tre (il 44,6% tra i giovani fino a 34 anni) utilizza solo la connessione tramite mobile. I disconnessi, cioè le famiglie senza connessione a internet, sono il 17,8% degli intervistati, pari a 4,3 milioni di persone.
Riguardo alla frequenza di utilizzo della televisione ci vengono in aiuto i dati Istat delle persone la guardano, tra questi l’86% lo fa ogni giorno, e i gruppi più numerosi sono i giovanissimi e gli anziani, in particolare i 6-14enni e i 65-74enni.

Tornando alla rilevazioni del Censis, solo un apparecchio televisivo su cinque è connesso alla rete, il che significa che la maggior parte delle famiglie guarda i programmi in onda sui canali televisivi. Sono solo 5,3 milioni gli italiani che seguono almeno saltuariamente programmi televisivi fruibili su internet (2,7 milioni di italiani guardano RaiPlay, 2,3 milioni SkyGo e 3,7 milioni Netflix). Si tratta di un’abitudine più diffusa fra i giovani e fra i laureati.
L’accesso al web tramite Tv – per esempio con una Smart Tv o con un dispositivo esterno – dipende dalla condizione economica e il gap è importante: solo il 10% delle famiglie meno abbienti possiede una smart Tv, contro il 26% delle famiglie ad alto reddito. Inoltre, la smart TV è più presente laddove ci sono figli: la possiede il 28% delle coppie con figli, il 18% delle coppie senza figli e l’8,6% delle persone che vivono sole.
Un ulteriore aspetto interessante che è emerso dall’indagine è che a quanto pare il numero di apparecchi televisivi è condizionato sia dalla condizione socioeconomica (le famiglie benestanti hanno più televisori) che dalla presenza e dal numero di figli: più figli ci sono, più televisori possiedono le famiglie. Inoltre, al netto delle persone che vivono sole, solo nel 65,7% dei casi ci sono meno televisori che componenti della famiglia.
Sempre Istat nel 2016 ha lanciato “CambieRai” , la prima consultazione pubblica sul “servizio pubblico radio-televisivo e multimediale” svolta in Italia, a cui hanno partecipato 11.188 persone, il 36% con meno di 35 anni e il 30% laureato.
Complessivamente il 60% dei partecipanti al sondaggio ha dichiarato di guardare quotidianamente i programmi RAI e il 20,5% qualche volta alla settimana. Una frequenza che risulta essere maggiore nelle fasce di età più anziane e molto minore in quelle più giovani. L’88% degli over 65 guarda la RAI ogni giorno, come l’80% dei 55-64 enni. Fra i 25-34 enni siamo intorno al 48% e fra i giovanissimi under 25, al 58%. Solo la metà degli utenti fruisce contenuti RAI non attraverso la televisione. Ma soprattutto: solo il 17% sostiene che continuerà a informarsi attraverso i telegiornali nazionali e regionali nei prossimi anni.
Una serie di domande particolarmente interessanti riguardavano la percezione delle persone su quanto è importante che il servizio pubblico televisivo si occupi di favorire il dialogo interculturale e interreligioso e quanto di “identità nazionale”. Bene: il 46% degli intervistati dichiara che è necessario promuovere l’identità nazionale e locale il Servizio Pubblico dedicando più spazio soprattutto ai temi legati al territorio e il 43% producendo al contempo anche contenuti che parlino delle diverse culture che compongono la società italiana. Per la metà degli intervistati la RAI dovrebbe occuparsi di più delle eccellenze italiane e per il 60% di arte e cultura del nostro paese per favorire il senso di identità nazionale. Infine, per il 37% dei rispondenti il Servizio Pubblico deve dedicarsi soprattutto a temi nazionali e per il 33% deve valorizzare le tradizioni locali.
Emerge comunque una significativa apertura internazionale: 7 persone su 20 pensano che la RAI dovrebbe produrre film e fiction sia per il pubblico italiano sia per il mercato internazionale, contro il 12% che ritiene che bisognerebbe concentrarsi unicamente sulla produzione di film e fiction per il pubblico italiano.