Segnali di maschilismo nella manovra finanziaria. A ravvisarli il presidente dell’Inps Tito Boeri, che punta il dito in particolare verso il mantenimento della diversa età di accesso alla pensione per uomini e donne. Il fatto è che già oggi c’è un problema di genere nei trattamenti previdenziali. Una sorta di gender gap pensionistico, di differenza tra quanto incassano gli uomini e quanto le donne.
Per fotografarla su base provinciale, Infodata ha fatto affidamento a dati Istat aggiornati al 2016:
Per arrivare a questa rappresentazione, Infodata ha estratto dalla data warehouse dell’Istituto nazionale di statistica i numeri relativi all’importo lordo annuale medio percepito dai pensionati su base provinciale. Il passo successivo è stato quello di sottrarre la cifra incassata dalle donne a quella degli uomini. Sì, perché non esiste in Italia una provincia nella quale le donne percepiscano una pensione media superiore a quella degli uomini. Dividendo la cifra ottenuta per i 12 mesi dell’anno, si è ottenuto una sorta di gender gap mensile. Appunto la differenza tra l’importo lordo maschile e quello femminile.
A livello nazionale, la differenza è pari 675,43 euro mensili. I territori colorati di arancione nella mappa sono quelli nei quali il gender gap supera questa cifra. Quelli invece dipinti di azzurro indicano invece una differenza inferiore rispetto al dato medio. Ma, vale la pena ribadirlo, anche in queste zone l’importo medio lordo mensile delle pensioni percepite dagli uomini supera quello incassato dalle donne.
La differenza più sostenuta la si registra a Lecco, dove il gender gap mensile è di 918 euro. Seguono La Spezia e Genova, rispettivamente con 887 e 880 euro. Ma più in generale è nelle regioni del Nord che si concentrano differenze di genere nel trattamento pensionistico superiori alla media nazionale. La situazione più omogenea si registra ad Enna, dove il divario è di “appena” 207 euro.
Ora, i numeri Istat aiutano a fotografare la differenza di importo. Non spiegano, però, quali ne siano le cause. Appare però legittimo ipotizzare che il gender gap nel trattamento pensionistico sia una diretta conseguenza di quello che si registra nel mondo del lavoro. Dove, sempre secondo Istat, nel 2015 le donne guadagnavano il 12,2% in meno rispetto ai colleghi maschi. Sul tema delle pensioni, però, incide anche un elemento legato al mercato del lavoro. Dovuto al fatto che storicamente in Italia il tasso di occupazione maschile è decisamente più alto di quello femminile. A settembre, ad esempio, il 69,78% degli uomini tra 15 e 64 anni era occupato, contro il 49,62% delle donne. E questo, al netto della manovra, finisce per incidere anche sugli importi medi dei trattamenti pensionistici.