Contributo a cura di Prometeia Associazione, think tank macro della società di consulenza
La disoccupazione ai minimi in Germania e Stati Uniti suggerisce una situazione di pieno impiego che potrebbe condurre agli attesi aumenti salariali.
Considerando però il dato sulla partecipazione al mercato del lavoro e non solo il numero dei disoccupati, la possibilità di aumenti salariali in realtà si attenua per gli Usa, si conferma per la Germania mentre non è all’orizzonte per gli altri principali paesi dell’Eurozona.
Misuriamo le condizioni del mercato del lavoro come somma del gap di occupazione e del gap di partecipazione rispetto a quanto osservato negli anni precedente la grande recessione del 2008. In particolare il gap di occupazione è calcolato come differenza tra il tasso di disoccupazione prevalente e quello medio nel periodo 1995-2007. Il gap di partecipazione riflette invece la differenza tra le forze di lavoro (cioè i soggetti disponibili a lavorare) potenziali e quelle effettive. Le forze di lavoro potenziali sono calcolate a partire dalla popolazione in età da lavoro ed estendendo il trend del tasso di partecipazione (cioè i soggetti disponibili a lavorare in percentuale della popolazione in età da lavoro) stimato sugli anni 1995-2007. Un valore positivo di questo gap segnala quindi una maggiore offerta potenziale di lavoro.
Negli Usa nel 2017 l’eccesso di offerta di lavoro si è sostanzialmente esaurito. Rimane però un potenziale positivo espresso dal gap di partecipazione, che potrebbe dunque continuare ad attenuare la crescita salariale.
In Germania la crescita del reddito reale per addetto riflette da tempo condizioni “tese” del mercato del lavoro. In Italia l’abbondante offerta potenziale di lavoro e l’ampio bacino di disoccupati ancora da assorbire suggeriscono invece l’assenza di tensioni salariali diffuse nel breve periodo. La Francia condivide un eccesso di offerta di lavoro, anche se meno abbondante.