In un articolo precedente abbiamo raccontato qual è la situazione della disuguaglianza dei redditi.
Per mettere le cose in prospettiva però aiuta anche tornare indietro nel tempo, e usando sempre i dati dell’istituto europeo di statistica controllare se la situazione di chi non se la passa bene sia migliorata o meno. Troviamo così che negli ultimi vent’anni circa la percentuale di reddito totale guadagnata dal 10% più povero degli italiani non ha fatto che calare passando dal 3% del 1998 all’1,8 del 2016, per poi risalire leggermente proprio lo scorso anno
Questi numeri sono utili per farci un’idea molto generale, di grana grossa, di come viene distribuito oggi e ieri il reddito prodotto da italiani e non. Essi però non ci aiutano a capire esattamente di quali persone stiamo parlando: non ci dicono, per esempio, se l’1% dei più ricchi è composto sempre dalle stesse persone oppure cambia nel tempo, e lo stesso vale per la parte più povera della popolazione.
Ci sono però altri modi per capire chi sono queste persone, e in almeno un caso emerge forse il principale mutamento nella disuguaglianza italiana degli ultimi decenni: quello generazionale. Il professor Marco Albertini, dell’università di Bologna, ha pubblicato di recente alcune elaborazioni basate su dati della Banca d’Italia che danno un’idea molto accurata di come sono evoluti i rapporti economici fra giovani e anziani – e in estremo sfavore dei primi.
Se guardiamo infatti alla ricchezza media individuale, a seconda del periodo storico in cui si è nati, troviamo che la coorte dei post-1986 risulta come la più povera in assoluto. A questo punto della loro vita si tratta del gruppo che è riuscito a mettere da parte solo cifre modestissime, e inferiori – se consideriamo come la differenza di potere d’acquisto del denaro cambia nel tempo – rispetto ai loro padri e nonni.
Dai dati si vede il crollo a picco seguito alla crisi economica, dopo il quale solo in anni recentissimi è cominciata una leggera ripresa che comunque dovrebbe proseguire a lungo prima di riportarli quanto meno dov’erano un tempo. Al contrario, la generazione nata nel secondo dopoguerra e fino a metà degli anni ‘60 – quindi grosso modo i sessantenni di oggi – risulta di gran lunga la più ricca.
“Qualcuno, commenta Albertini, potrebbe dire che la mancata crescita della ricchezza attorno ai 40 anni della «generazione dimenticata» dipenda dal fatto che sono usciti più tardi di casa rispetto alla generazione fortunata 1946-65. E che quindi quello che stiamo osservando sia uno scivolamento in avanti, ovvero un posticipo della stessa dinamica di crescita e non un peggioramento. Io però non credo proprio che questa sia la spiegazione corretta: questa spiegazione non regge, o spiega solo una piccola parte di quella differenza”.
Oltre ai giovani, in particolare al meridione ma non solo, l’altro grande gruppo di poveri è costituito da persone di origine non italiana. Per le famiglie con almeno un componente con queste caratteristiche, ci dicono gli ultimi dati dell’ISTAT, la povertà assoluta assoluta negli ultimi anni non ha fatto che aumentare: è disuguaglianza anche questa.