Secondo le recenti elaborazioni su dati Istat presenti nel Rapporto OASI 2018, una famiglia con un reddito basso in Italia spende in media ogni mese per la propria salute un decimo di quanto spende una famiglia appartenente al gruppo di reddito maggiore: 25 euro contro 254 euro, fra medicinali, cure dentistiche, dispositivi biomedicali e assistenza. La quinta e la quarta classe di reddito, che rappresentano il 35% delle famiglie, assorbono da sole quasi il 60% della spesa sanitaria, un dato in linea con quello della spesa generale (circa il 55% del totale).
La prima e l’ultima classe di reddito rappresentano ognuna il 5% della popolazione e contano rispettivamente per l’1,8% e il 13,7% della spesa totale. Le classi rappresentano le famiglie non solo in termini di spesa, ma soprattutto in termini di caratteristiche sociali, economiche, demografiche, geografiche e culturali. La metà delle famiglie appartenenti al primo gruppo risiede nelle regioni del Sud, quasi un componente su cinque è disoccupato e tre su quattro non hanno un diploma. Meno della metà delle famiglie appartenenti a questo gruppo ha speso almeno un euro in sanità nell’ultimo anno, percentuale che sale al 70% fra le famiglie del secondo gruppo e all’80% fra quelle del terzo gruppo. Per arrivare al 90% fra le famiglie che appartengono alla classe di reddito più elevato. Questo ultime risiedono prevalentemente al Nord, uno su sei è un imprenditore o un dirigente e uno su tre ha almeno la laurea.
Il peso della malattia incide molto di più in proporzione sul totale della spesa delle famiglie man mano che si scende verso i redditi più bassi. Se consideriamo il totale della spesa mensile e quanto pesa in percentuale l’ambito sanitario, scopriamo che la distanza fra il primo e il quinto gruppo non è elevata tanto quanto la quantità di spesa: le famiglie più povere spendono il 3% dei loro guadagni in sanità, le famiglie più ricche il 4,6%.
È interessante osservare la scomposizione della spesa sanitaria che varia a seconda dei gruppi di reddito.
Sono sei le componenti analizzate: tre componenti di servizi (medico-ospedalieri, dentistici, paramedici) e tre prodotti (medicinali, altri articoli sanitari, attrezzature terapeutiche). Si nota la dominanza della componente dei medicinali rispetto alle altre componenti di beni e servizi, con peso molto maggiore fra i gruppi a reddito più basso. Più cresce il reddito delle famiglie meno queste spendono in proporzione per i medicinali (rappresentano il 65% della spesa sanitaria delle famiglie a basso reddito e il 41% di quella delle famiglie più benestanti). Va precisato che l’analisi include nel computo nei medicinali anche gli integratori, gli omeopatici e i prodotti erboristici, per i quali gli italiani hanno speso nel 2016 5 miliardi di euro, sempre secondo quanto riporta il Rapporto OASI.
Al contrario, le spese dentistiche sono uno dei principali elementi di vulnerabilità del SSN e fra i maggiori fautori di disuguaglianze di salute. Le spese odontoiatriche rappresentano il 6% della spesa delle famiglie più povere e il 20% di quella dei più ricchi. Lo stesso si osserva per le attrezzature terapeutiche, il cui peso sul totale della spesa sanitaria oscilla dal 3% al 10%.
La spesa per visite e accertamenti si dimostra incomprimibile rispetto ad altre tipologie di spesa, quella cioè che le famiglie italiane tendono a poter contenere di meno. Tuttavia, chi dichiara di aver cercato di limitare le spese per visite e accertamenti, lo ha fatto in quantità piuttosto che in qualità. Il 32% delle famiglie appartenenti al primo gruppo ha diminuito in quantità, come il 21% di quelle del secondo gruppi, il 15% di quelle del terzo gruppo, il 12% di quelle del quarto gruppo e il 9% delle famiglie più ricche d’Italia. Il 13,4% delle più povere invece non ha proprio effettuato visite o accertamenti, contro il 5,6% del secondo gruppo, il 3,6% del terzo, il 2,8% del quarto e l’1,8% dei più benestanti.