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cronaca

Pm10, sono le caldaie le principali responsabili dell’inquinamento

No, non sono le auto o in generale i mezzi di trasporto su gomma. Le principali responsabili della presenza di Pm10 nell’aria delle città italiane sono gli impianti di riscaldamento. Esatto, caldaie, stufe e caminetti. Attive solo da metà ottobre a metà aprile, almeno in pianura, eppure responsabili di più del 60% delle polveri sottili.

 

A dirlo è l’ultimo rapporto sulla Qualità dell’ambiente urbano, redatto da Ispra. Tra i diversi argomenti trattati dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale c’è anche quello delle emissioni inquinanti. Nello specifico, il rapporto prende in considerazione dati raccolti in 120 città italiane, con la precisazione che quelli riferiti a Milano riguardano l’intero hinterland, fino a Monza. Il dato più recente è relativo al 2015 ed è messo a confronto con quello registrato nel 2005. Il quadro che emerge è questo:

 

 

Intanto, la nota positiva. In un decennio si è scesi da 45mila a 36mila tonnellate emesse, con un calo del 19%. Almeno a livello generale, dunque, la qualità dell’aria nelle città italiane è migliorata. La contrazione, questo il punto, riguarda tutte le fonti di particolato, tranne una. Appunto, il riscaldamento. In questo caso, Ispra considera sia quello domestico sia gli impianti che scaldano uffici, scuole, aziende e centri commerciali.

 

Ma il punto è quello: nel 2005 le caldaie erano responsabili dell’emissione di 14mila tonnellate di Pm10, nel 2015 si è arrivati a superare quota 21mila. Si tratta di un incremento di oltre il 50%. Senza contare che, oltre che in termini assoluti, il peso degli impianti di riscaldamento sul totale delle emissioni cresce anche percentualmente. Sì, perché l’industria è scesa da 12,7 a 5,5 migliaia di tonnellate di particolato, probabilmente aiutata in questo anche dalla crisi del 2008. Mentre il trasporto è passato da poco meno di 13 a poco meno di 7mila, sostanzialmente dimezzando le proprie emissioni.

 

Un risultato dovuto al combinato disposto della sostituzione del parco auto, con veicoli più nuovi e quindi con emissioni minori, e del blocco dei veicoli più inquinanti. In Lombardia, ad esempio, i veicoli fino alla classe euro 2 si fermano da inizio ottobre a fine marzo. Un blocco che quest’anno è stato esteso anche ai veicoli diesel euro 3, scatenando non poche proteste da parte di artigiani e piccoli imprenditori. Ai quali certamente non farà piacere leggere di come sarebbe più importante concentrare gli sforzi di contenimento delle emissioni sugli impianti di riscaldamento.

 

Utilizzando i filtri posti in alto a sinistra nell’infografica, è possibile visualizzare i dati di una singola regione o di una delle città nelle quali Ispra ha effettuato le rilevazioni. La già citata Milano ha dimezzato le emissioni legate al traffico stradale, passate da da 945 a 487 tonnellate l’anno, ma ha visto crescere quelle dovute alle caldaie, passate da 693 a 882.

 

Roma ha visto invece un calo del 50% del particolato uscito dai tubi di scappamento e un incremento del 50% di quello emanato dai comignoli. Quest’ultimo è arrivato a superare le 3mila tonnellate l’anno. Ad Aosta l’incremento è invece percentualmente ancora più significativo: si è andati da 31 a 72 tonnellate l’anno. L’aumento è stato del 129%. Certo, non manca chi è in controtendenza: Palermo è passata da 377 a 172 tonnellate di Pm10 emessa in atmosfera.

 

Un caso isolato, però, quello del capoluogo siciliano, che pure ha saputo dimezzare anche le emissioni legate al traffico stradale. Guardando il quadro generale, si può dire che i progressi fatti per ridurre il particolato dovuto alle auto sono notevoli. La prossima sfida, forse ancora più urgente visti i numeri assoluti, è quella di ridurre l’impatto degli impianti di riscaldamento.