Non più la nebbia cantata da Cochi e Renato, ma una cappa di smog avvolge la pianura padana. È qui, secondo i dati del Rapporto sulla Qualità dell’ambiente urbano di Ispra, che si concentrano le città che nel 2017 hanno registrato una violazione dei limiti di concentrazione di polveri sottili. Norme che consentono un massimo di 35 giorni con concentrazioni superiori ai 50 microgrammi per metro cubo.
Dati che purtroppo non stupiscono: da tempo si parla della pianura padana come di una delle aree più inquinate d’Europa. A stupire sono semmai le eccezioni. Ovvero realtà del centro Sud che hanno violato questo limite. Come Frosinone, che nel 2017 è arrivata addirittura a 93 giorni con concentrazioni superiori ai 50 μg/m3. Ancora, Terni con 43. E, in Campania, Caserta con 53, Avellino con 49 e Napoli con 43.
Infodata ha rappresentato la situazione su questa mappa:
Ogni punto della mappa rappresenta una delle città monitorate da Ispra attraverso le centraline delle agenzie regionali per l’ambiente. Il dato di Milano fa riferimento all’intero hinterland, Monza compresa. Più un punto è grande, maggiore è la concentrazione media giornaliera delle polveri sottili. Quelli colorati di arancione rappresentano le realtà nelle quali è stato superato il limite di 35 giorni con concentrazioni superiori ai 50 μg/m3.
Come si vede dalla mappa, quello dello sforamento dei limiti di legge è un problema che riguarda soprattutto la fascia della pianura padana. Il record negativo spetta a Torino, che nel 2017 ha visto ben 118 giorni con concentrazioni superiori ai 50 microgrammi per metro cubo. Significa che un giorno ogni tre l’aria respirata dai torinesi era di qualità pessima. La prima città del centro Sud in questa non certo onorevole classifica è Frosinone, dove i giorni di sforamento sono stati 93. Quasi il triplo di quelli consentiti per legge, col risultato che l’aria frusinate è stata pessima un giorno ogni quattro.
Il fatto è che ci sono realtà nelle quali basta mezza brutta stagione per sforare i limiti. Ispra ha reso disponibili anche i dati relativi al periodo compreso tra gennaio e settembre di quest’anno. Numeri che comprendono cioè solo l’inverno e non l’autunno, stagione sì meno fredda ma durante la quale i riscaldamenti sono comunque accesi. E il risultato è questo:
In questo caso, sia le dimensioni che il colore dei punti fanno riferimento al numero di giornate con valori di concentrazione superiori ai 50 μg/m3. Come si può vedere, ci sono alcuni centri nei quali il limite dei 35 giorni è già stato superato. Eclatante il caso di Brescia, che ha già visto lo sforamento di questo valore per ben 60 giorni.
A Torino è già successo per ben 49 giorni, intorno a Milano per 43, a Padova per 41, a Lodi per 40. Tutte città che si sono presentate al 15 ottobre, data in cui in pianura è possibile accendere i caloriferi, senza più alcun bonus. Ovviamente, questo non ha impedito le emissioni di nuovo particolato, col risultato che una situazione già di per sé negativa non ha fatto che peggiorare.
E non è tutto. Già, perché oltre ai Pm10 ci sono polveri ancora più sottili. Si tratta dei Pm2,5, ancora più pericolosi perché hanno dimensioni tali da consentire loro di entrare negli alveoli polmonari. In questa mappa sono rappresentati i valori delle concentrazioni medie annue di questo inquinante:
Anche in questo caso, dimensioni dei punti e colore rappresentano la concentrazione media annua dei Pm2,5. I dati, che fanno riferimento all’intero 2017, assegnano il tutt’altro che invidiabile primato a Padova, dove la concentrazione media annua è stata di 34 μg/m3. Subito dietro Torino con 33 e Cremona con 31. Decisamente meglio Sassari, dove la concentrazione dei Pm2,5 non è andata oltre i 6 μg/m3. Del resto, anche queste polveri rappresentano una problematica soprattutto in val padana. Con buona21 pace della nebbia e della salute dei cittadini.