C’è una correlazione positiva tra la diffusione dei siti .it degli alberghi italiani e il numero di persone che vi soggiornano. E una curiosità: tra le province dove è minore il tasso di hotel dotati di una versione digitale, ci sono anche quelle che ospitano città d’arte come Venezia e Roma.
Per arrivare a queste conclusioni, Infodata ha messo a confronto appunto il tasso di penetrazone dei domini .it tra gli alberghi italiani e il numero di persone che hanno dormito in ciascun letto. Il primo indicatore è stato ricavato grazie a Registro.it, che ha fornito i dati relativi ai siti con questo dominio che fanno riferimento ad alberghi in tutte le province italiane. Le informazioni fanno riferimento al periodo compreso tra l’agosto del 2017 e lo stesso mese del 2018. Utilizzando i dati relativi al numero di esercizi ricettivi messo a disposizione da Istat, sempre su base provinciale, è stato possibile ricavare la percentuale di strutture ricettive dotate di un sito con dominio .it. Sempre il portale dell’Istituto nazionale di statistica consente di conoscere sia i posti letto su base provinciale, che il numero di persone che hanno soggiornato negli hotel. Dati, anche questi, aggiornati al 2017. Un semplice rapporto ha permesso di calcolare quanti ospiti abbiano dormito nel medesimo letto. Ponendo i due indicatori su un grafico, il risultato che si ottiene è questo:
Più un punto si trova a destra, più è alta la percentuale di alberghi con un sito .it. Più si trova in alto, maggiore è il numero di persone che hanno dormito nello stesso letto durante l’anno. Il colore rappresenta invece la percentuale di alberghi sul totale nazionale: più è scuro, più è alta.
Il punto che si trova più in alto e più a destra rappresenta la provincia di Milano. Questo significa che la provincia meneghina è quella in cui la quota di hotel con un sito .it è più alta a livello nazionale. E, allo stesso tempo, maggiore è stato il numero di persone che hanno dormito nello stesso letto. Beninteso, questo indicatore misura il turn over di clienti, non il tasso di riempimento di un hotel. Che si può riempire sia con tanti ospiti che si fermano per poche notti sia con meno ospiti che però effettuano soggiorni più lunghi.
Detto altrimenti, il titolo di questo pezzo è una forzatura: non basta avere un sito internet perché il proprio albergo si riempia. Il che, peraltro, è abbastanza ovvio. Quella che invece è meno scontata è la posizione dei punti più scuri sul grafico. Ovvero di quelle province che ospitano una quota percentuale di alberghi più alta. Si tratta, ad esempio, dei già citati casi di Venezia e Roma, sul cui territorio si trovano rispettivamente il 15,99 ed il 7,75% degli hotel italiani. Ma anche Verona (4,61%), Bolzano (4,99%) e Belluno (5,49%).
Non tanto per il numero di ospiti per posti letto, sempre sotto i 40 contro i 77,92 di Milano. Ci sta che in realtà come queste il soggiorno sia più lungo, vista la maggiore vocazione turistica di questi territori. Lo stupore nasce dal dato relativo alla diffusione dei domini .it di queste strutture. In nessun caso si va oltre ad una percentuale superiore al 30%. A Venezia, addirittura, solo il 3,42% degli alberghi ha un sito con dominio .it.
Ovviamente, le spiegazioni sono le più diverse. Può essere che si sia deciso per un dominio .com, più internazionale, per rivolgersi in prima battuta ad una clientela straniera. E del resto Venezia è la provincia con la quota più alta di turisti non italiana, pari nel 2017 ad oltre il 76%. Possibile anche che si sia deciso di affidarsi esclusivamente a una piattaforma che ospita offerte di soggiorno, come Booking o Trivago giusto per citarne due, oppure ai soli social network. Oppure che si sia deciso che il proprio hotel ha sede in una zona talmente bella da non aver bisogno di farsi pubblicità. O meglio: che siccome la propria città attrae un numero enorme di turisti, anche senza investire in un sito Internet, la domanda è così alta che anche il proprio albergo finirà per riempirsi. Resta solo da capire se e fino a che punto questa strategia risulti vincente. Ma da questo punto di vista, i dati utilizzati non aiutano.