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economia

La malattia mentale costerà 16 trilioni di dollari entro il 2030

La malattia mentale, in Italia, non è più “chiusa nei manicomi” da 40 anni, da quando con la legge Basaglia le porte degli ospedali psichiatrici furono aperte e la cura del disagio psichico cercò nuove strade. Strade che però, ancora oggi, non hanno trovato una direzione che permetta di lavorare non solo sulla malattia ma anche e soprattutto sulla prevenzione. Perché, questo si sa, puntare sulla prevenzione è la via privilegiata per combattere molte malattie, gravi e meno gravi. Si sa, ma non vale per le malattie mentali, perché il disagio psichico, ancora oggi, non viene riconosciuto come una malattia vera e propria, ma è sempre rivestito da un alone di vergogna e colpa, da uno stigma sociale e culturale difficile da sconfiggere. E allora, gli investimenti nella prevenzione del disagio psichico, languono. Il problema non è solo italiano ma mondiale, tanto che sarà al centro dell’Annual Meeting 2019 a Davos del World Economic Forum, dopo l’attenzione ricevuta nel Rapporto Ocse sulla salute del 2018.

Secondo gli ultimi dati degli esperti della Lancet Commission, i disordini mentali sono in forte crescita a livello globale (la crescita negli ultimi 25 anni è definita “drammatica”) e costeranno all’economia fino a 16 trilioni di dollari tra il 2010 e il 2030 in assenza di una risposta sostanziale al problema. Si tratta di costi sanitari diretti, incluse le medicine e le terapie, oltre ai costi indiretti (perdita di produttività, giorni di lavoro persi per malattia, spesa in welfare sociale, educazione, eccetera). Ovviamente, pesano su questi numeri l’aumento dell’aspettativa di vita nelle società avanzate così come il miglioramento delle condizioni infantili nei Paesi in via di sviluppo. A livello sociale, l’isolamento e la solitudine che le persone con disagio psichico si trovano ad affrontare hanno spesso effetti drammatici, come nel caso delle persone che soffrono per malattie gravi come la schizofrenia e i disordini bipolari. L’età della morte, per molti pazienti gravi, è anticipata anche di 20 anni.

A Davos il tema non solo sarà in agenda, ma il World Economic Forum porterà all’attenzione internazionale un programma ambizioso che punta a influenzare i settori pubblico e privato e la società civile. Gli obiettivi sono già fissati, per agire rapidamente sul fronte della salute mentale: in primo luogo attenzione alla prevenzione. La cura del disagio mentale deve continuare ad essere assicurata e finanziata e restare un pilastro alla crisi mondiale, ma è necessario concentrarsi anche sulla prevenzione. Individuare e affrontare la depressione e l’ansia prima che mettano radici richiede un riequilibrio culturale globale. I dati dimostrano che un intervento in età precoce garantisce un maggiore benessere a lungo termine. In secondo luogo sono indispensabili competenze specifiche per la migliore comprensione e gestione della salute mentale: un lavoro che va svolto direttamente nelle scuole e nei posti di lavoro. Abilità come l’empatia, l’ascolto attivo, la resilienza e l’intelligenza emotiva sono elementi vitali per il successo nel 21esimo secolo. Nei luoghi di lavoro azioni concrete dovrebbero portare ad abbattere lo stigma che grava sulla malattia mentale, si dovrebbe riuscire a favorire un dialogo aperto sul tema, una condivisione maggiore che porti le persone a rischio a chiedere aiuto il prima possibile, senza cercare di nascondere il problema.

Il 2019, per il World Economic Forum, sarà l’anno in cui agire: “Take action on mental health” è il motto. L’auspicio è che non resti tale.