Il trasporto ferroviario regionale italiano va letteralmente a due velocità: sono 2,8 milioni i passeggeri totali, ma ogni giorno in tutto il sud circolano meno treni regionali che nella sola Lombardia. Per fare un esempio, in Sicilia si contano poco più di un sesto delle corse della Lombardia (428 corse giornaliere contro 2.396 della Lombardia) anche se quest’ultima conta “solo” il doppio degli abitanti siciliani. Dal 2011 al 2017 solo Puglia e Basilicata hanno visto crescere il numero dei passeggeri, cosa che invece è accaduta in quasi tutte le regioni del centro nord. Addirittura in Abruzzo e Campania si è perso il 40% dei passeggeri in sei anni. Questi sono i principali risultati del Rapporto Pendolaria 2018 di Legambiente che dal 2008 analizza ogni anno la situazione del trasporto ferroviario in Italia.
Nel complesso stiamo assistendo a una situazione dove la forbice socioeconomica si sta ampliando: si potenzia l’alta velocità ma ci sono sempre meno treni in circolazione (erano 3.434 nel 2014, oggi sono 3.056), sono sempre più lenti e vecchi, diminuiscono i chilometri di linee disponibili. Eppure la domanda non mancherebbe: il numero dei passeggeri sui convogli regionali in Italia sta aumentando. Trento e Valle d’Aosta hanno vissuto una crescita superiore al 100% del numero di passeggeri giornalieri sulle tratte locali, Marche ed Emilia Romagna un +80%.
A questo dato ne va incrociato almeno un altro, per avere il polso della situazione: l’età del cosiddetto materiale rotabile. la riduzione dell’età media dei treni è avvenuta ancora una volta soprattutto al nord ed al centro, non al sud. Nel complesso i treni pugliesi e lucani sono i più vecchi: hanno una media di 20 anni. Seguono i campani con 19,8 anni e i treni siciliani con 19,5 anni. Le regioni con il parco treni più giovane sono invece il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia, con un’età media di 10 anni.
In diverse regioni – Campania, Liguria e Sardegna – oltre il 65% dei treni ha più di 15 anni, e in generale 12 regioni su 21 superano la percentuale nazionale, che di 4 treni vecchi su 10. Le differenze regionali sono dunque molto ampie, se consideriamo che solo il 7,5% dei treni in Friuli, il 12% di quelli toscani e il 14% di quelli trentini ha oltre 15 anni. In alcune regioni – Molise, Lazio e Campania – addirittura le cose sono andate peggiorando dal 2015, ovvero si è registrato un aumento dell’età media dei treni.
In proporzione sono molto pochi i passeggeri dell’alta velocità: 40 mila persone viaggiano sugli Intercity e 70 mila sull’alta velocità tra le Frecce di Trenitalia e Italo. Si tratta comunque di numeri in forte crescita, anche in conseguenza dell’indebolimento del trasporto regionale in alcune aree del paese, che rende quasi obbligata la scelta dell’alta velocità.
La ragione di queste discrepanze – scrive Legambiente – è da cercarsi sicuramente anche nella spesa prevista dalle diverse Regioni per il Servizio ferroviario regionale, che mediamente è stata pari allo 0,45% del bilancio, ma che in sei regioni (Calabria, Umbria, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Sardegna) non ha raggiunto lo 0,1%. Solo in Valle d’Aosta, Puglia e Lombardia la spesa per il servizio ferroviario regionale nel 2017 ha superato l’1% del bilancio.
Inoltre, secondo quanto riporta Legambiente, potrebbero esserci brutte novità per i pendolari delle linee locali nel prossimo periodo. “Le risorse trasferite alle Regioni per il 2019 saranno meno che lo scorso anno, si legge, e in particolare preoccupa una clausola di salvaguardia prevista nella Legge di Bilancio (articolo 1, comma 1118) che prevede un monitoraggio della situazione della finanza pubblica, che se riporterà esito negativo prevede un taglio automatico di 300 milioni di Euro dalle risorse per la mobilità locale, e dunque il rischio di una riduzione di circa il 6,1% dei trasferimenti alle Regioni. “A meno che – continuano gli esperti di Legambiente – tra Stato e Regioni non si intervenga con ulteriori risorse”. Accadrà?