L’Unione Europea avanza verso gli ambiziosi obiettivi di un mix energetico sempre più centrato sulle fonti rinnovabili. E’ però un’Europa a macchia di leopardo, con esempi virtuosi e altri molto meno “green”. Il target Ue di un 20% di energia proveniente da rinnovabili nel 2020 è comunque alla portata. Lo confermano gli ultimi dati pubblicati da Eurostat, l’Istituto di statistica dell’Unione Europea, relativi al 2017: la quota di rinnovabili sui consumi finali di energia nei 28 Paesi membri è salita al 17,5% (dal 17% del 2016) e soprattutto è raddoppiata rispetto al 2004, quando era solo dell’8,5 per cento.
I Paesi più virtuosi si trovano quasi tutti nel Nord Europa. Spicca il primato della Svezia, che con il 54,5% stacca nettamente tutti gli altri. A Stoccolma hanno saputo sfruttare al massimo le due grandi ricchezze del Paese: l’acqua e le foreste. Con la prima producono l’energia idroelettrica che è la principale fonte di generazione di energia; con la seconda le biomasse che servono a riscaldare le case degli svedesi. Non sorprende quindi che ogni cittadino svedese emetta in media un quarto di CO2 rispetto a un americano. Se il mondo fosse una grande Svezia, il problema del riscaldamento climatico sarebbe in via di risoluzione.
Nell’Unione Europea, ci sono altri casi virtuosi, come la Finlandia, la Lettonia, la Danimarca e l’Austria, tutti con quote di rinnovabili comprese tra il 30 e il 40 per per cento. I Paesi che hanno già centrato in anticipo il proprio obiettivo di rinnovabili per il 2020 – ogni Stato ha un suo target specifico che dipende da fattori come potenziale di energie verdi e tasso di crescita economica – sono Bulgaria, Italia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Croazia, Lituania, Ungheria, Romania, Finlandia e Svezia.
I due paesi bocciati sono invece Olanda e Francia, lontani rispettivamente 7,4 e 6,7 punti percentuali dall’obiettivo del 2020. Se la Francia è parzialmente giustificata dal target ambizioso che ha fissato (23% contro il 17% dell’Italia), l’Olanda proprio no, con il suo modesto 14% di obiettivo, uno dei più bassi dell’Unione. A dispetto dei popolari mulini a vento, il mix energetico olandese è ancora quasi monopolizzato dai combustibili fossili: gas naturale, di cui è uno dei maggiori produttori europei, petrolio e carbone. A loro parziale giustificazione va detto che i Paesi Bassi ospitano le più grandi riserve dell’Unione Europea di gas naturale e dunque hanno a disposizione una fonte di energia a basso costo.
L’ascesa delle rinnovabili è destinata a proseguire, e forse accelerare, anche nei prossimi anni, in Europa e non solo. Secondo il rapporto annuale di British Petroleum, il tasso di crescita mondiale delle fonti “green” sarà del 7,1% all’anno nei prossimi decenni. “Le rinnovabili – prevede Spencer Dale, capo economista di Bp – penetreranno nel sistema energetico più velocemente di qualsiasi altro combustibile nella storia”.