Perché parlare di crescita economica non è un capriccio l’abbiamo ricordato in un articolo precedente, con decenni di stagnazione economica che hanno portato i lavoratori italiani ad avere salari fra i minori del continente. Certamente miseri rispetto a tante altre grandi nazioni sviluppate.
Ma quanto, esattamente? Per capirlo possiamo ricorrere a un’indagine condotta da Eurostat, l’istituto europeo di statistica, che ha calcolato con estremo dettaglio la retribuzione oraria nei paesi dell’Unione, a seconda della posizione lavorativa, età o sesso del lavoratrice o della lavoratrice.
Tutti i numeri presenti nel testo e nei grafici sono a parità di potere d’acquisto, ovvero considerano già che il costo della vita è diverso fra nazioni più ricche e più povere. In queste ultime, di solito, i prezzi tendono a essere più bassi per cui lo stesso euro tende a comprare un maggior numero di beni e servizi.
Essi mostrano intanto che per trovare salari più alti dobbiamo viaggiare verso la Germania, nazione in cui un lavoratore più aspettarsi di venir pagato – in media – circa il 25% in più rispetto a un italiano per un’ora di lavoro.
Se entriamo nel dettaglio e parliamo invece di singole mansioni, vediamo che in praticamente tutti i casi i salari orari sono maggiori in Germania. La differenza diventa però minore nel settore della vendita o per i professionisti, e invece ampia nel caso di operai e lavoratori specializzati – elemento tutt’altro che banale quando parliamo parliamo di due paesi contraddistinti da una forte manifattura.
Questi numeri riguardano in effetti letteralmente milioni di lavoratori, e per questo non possono che essere molto vari al proprio interno. Diventa allora interessante guardare alle due parti estreme della distribuzione dei salari: quella di chi guadagna meno, e viceversa.
Nel primo caso le differenze fra italiani e tedeschi spesso si riducono, e spunta persino qualche caso in cui i primi hanno retribuzioni leggermente maggiori. Va però ricordato anche un altro fatto importante, e cioè che proprio in Germania lavora nel complesso un numero maggiore di persone. Il mercato del lavoro tedesco consente spesso di trovare un impiego anche a gruppi di individui in particolare difficoltà, che in Italia resterebbero disoccupati.
Questo, tutto considerato, sposta la media generale verso il basso. Il salario di chi non lavora, e nel nostro paese sono moltissimi, resta infatti escluso.
Caso opposto è invece quello di chi non se la passa poi male, almeno relativamente agli altri. Se per amor di analisi dividiamo tutti i lavoratori e lavoratrici in dieci parti ciascuna composta dallo stesso numero di persone, la nona “fetta” sarà composta da chi riceve una retribuzione ben superiore alla media.
Nel loro caso, resta del tutto intatta la differenza rispetto ai tedeschi, che in ciascuna delle attività classificate dall’istituto statistico risultano avere paghe ben più sostanziose.
La spaccatura fra uomini e donne è un fattore inevitabile ovunque, nel mondo, con queste ultime che guadagnano sempre meno. Ma fra italiani e tedeschi la differenza di salario è talmente ampia che, a conti fatti, la retribuzione mediana dei lavoratori da noi è ben minore rispetto a quanto vengono pagate le lavoratrici in Germania.
Il gap fra gli uni e le altre appare molto più ampio nel paese teutonico che da noi, ma di nuovo si tratta di un’illusione ottica statistica. Come nel caso delle persone più povere, tantissime donne in Italia non hanno un lavoro – e con un reddito pari a zero non vengono conteggiate in questo genere di statistiche. Altri indicatori un po’ più sofisticati mostrano invece che l’Italia è fra le nazioni dove il peso del lavoro (pagato e non) risulta più nettamente in sfavore delle donne.