I giorni scorsi il New York Times ha pubblicato un articolo provocatorio dal titolo “Perché le ragazze battono i ragazzi a scuola ma perdono terreno in ufficio ”. L’autrice, Lisa Damour, psicologa, si interroga da tempo sulle ragioni di questo fenomeno, proponendo una possibile risposta: oltre ai motivi che ben conosciamo – scarso supporto alla maternità, gender pay gap – un ruolo lo gioca il cosiddetto “confidence gap”, un gap di fiducia in se stesse. In sostanza secondo l’autrice oggi la scuola è ancora una fabbrica di fiducia per i nostri figli, e una fucina di competenze per le nostre figlie.
Viene automatico andare a vedere che cosa dicono i dati a riguardo. La fonte più utile in Italia è Almadiploma, che in effetti evidenzia un gap di genere, almeno nelle scuole superiori, apparentemente a favore delle ragazze, quanto a risultati scolastici. Il 10% delle femmine è uscito dalla scuola media nel 2018 con un voto pari a 10 o 10 e lode, contro il 7% dei maschi. Il 25% con un voto di 9, contro il 19% dei maschi. Al contrario, il 9% delle ragazze ha ottenuto un voto appena sufficiente (6/10) e il 25% un voto pari a 7/10, contro rispettivamente il 13,7% e il 30% dei ragazzi. Lo stesso trend si riscontra nel voto di diploma. L’8,3% dei maschi ha ottenuto il minimo sindacale, cioè 60/100, il doppio delle ragazze, e il 31,7% un voto inferiore a 70/100, contro il 22% delle ragazze. I centini invece sono per la maggior parte donne: l’8,3% delle diplomate contro il 5,6% dei diplomati.
Una famiglia che seguiva Lisa era composta da due figli, un maschio e una femmina, entrambi molto bravi a scuola. “Entrambi avevano ottenuto una A – racconta – ma quando chiesi al ragazzo se avesse lavorato tanto quanto la sorella, lei rise. La ragazza aveva lavorato per un’ora e solo per questo si era sentita “al sicuro”. Suo fratello, al contrario, nel momento in cui aveva portato a casa una A, aveva dichiarato di sentirsi ‘un vero campione’. Se i suoi voti si fossero un po’ abbassati – ha aggiunto – si sarebbe sforzato un pochino di più.”
Siamo dunque, secondo la psicologa statunitense, ancora profondamente in balia dell’effetto Hermione Granger: lavoro extra interpretato come efficienza. Lo conosciamo bene il cliché dell’assistente ‘in gamba’ perché fa più del necessario.
Anche qui, i dati Almadiploma confermano questo trend fra gli studenti delle scuole superiori italiane. Studia più di 20 ore settimanali il 16% delle ragazze e il 5% dei ragazzi. Il triplo. E da 15 a 22 ore il 22% delle prime e l’11% dei maschi. Il doppio, mentre studia meno di 5 ore il 25% dei ragazzi e l’11% delle ragazze.
Se guardiamo la percentuale di giovani che ha seguito corsi di lingua extrascolastici le differenze non sono molto marcate (il 21% dei maschi e il 26% delle femmine) ma la forbice si allarga se consideriamo chi ha conseguito diplomi attestanti le competenze linguistiche: il 38% delle ragazze e il 28% dei ragazzi. Per ogni lingua esaminata, scritta e parlata, la percentuale di studentesse che ha ottenuto almeno il livello B1 è doppia rispetto a quella dei ragazzi.
La tesi di Lisa Damour, che è necessario dare più fiducia alle ragazze, liberandole dal peso di fare più del necessario, è solamente una delle risposte possibili al problema del gender gap nelle posizioni di dirigenza. Tuttavia, alcuni aspetti nelle risposte dei diplomati italiani fanno pensare. Alla domanda “perché vuoi proseguire gli studi” posta a coloro che si sono detti certi di volerlo fare, il 59% dei ragazzi ha risposto che una delle ragioni è che serve una formazione universitaria per fare il lavoro a cui sono interessati, contro il 69% delle ragazze che ha selezionato questa risposta. Inoltre, la possibilità di utilizzare al meglio le competenze acquisite come aspetto rilevante per la ricerca del lavoro è la risposta che ha evidenziato il gap più ampio fra maschi e femmine: il 35% degli studenti ha risposto che si tratta di un aspetto importante, contro il 45% delle ragazze.