“Quello che è l’opportunismo per gli uni è una democrazia per gli altri”. Questa massima di Ralf Dahrendorf, uno dei più importanti sociologi del XX secolo, viene usata spesso per descrivere oggi il populismo. Mai come è oggi è diventato complicato descrivere valori e idee che confluiscono in questo che è oggi anche movimento politico. Tra le varie alternative che la letteratura propone c’è quello della Treccani che parte dalla radici storiche e quindi dal movimento culturale e politico sviluppatosi in Russia. Per la Treccani quindi con populismo si intende un “atteggiamento ideologico che, sulla base di principi e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi”.
Di norma, il populismo trova la sua ragione di esistere nell’opposizione a qualche sorta di potere forte che, come viene riportato nell’aforisma di Dahrendorf, costituisce il dualismo centrale tra l’opportunismo e la democrazia a seconda dei punti di vista delle due fazioni “rivali”, vale a dire il popolo con i suoi valori morali e le élite che lo governano.
I numeri pubblicati dal Timbro Authoritarian Populism Index tracciano un quadro piuttosto chiaro di come questo fenomeno abbia già preso piede in Europa dal 1980 a questa parte, delineando uno scenario in crescente ascesa. Timbro è un think tank svedese partner, insieme all’Istituto Bruno Leoni, di Epicenter network. L’Indice monitora i partiti populisti in Europa, l’evoluzione delle loro basi elettorali e i loro risultati alle elezioni nazionali e sovranazionali. Il populismo è definito nell’Indice come “la mancanza di rispetto per i diritti delle minoranze e per la divisione dei poteri; l’impazienza nei confronti delle procedure democratiche; la visione della politica come un conflitto tra un popolo omogeneo e un’élite corrotta”. Quindi, come dire, per ogni valutazione dei risultati bisogna partire dalle definizioni.
Nell’infografica che segue sono rappresentate le percentuali di voto attribuibili al movimento populista dal 1980 fino al 2018, suddivise per tendenza politica indicando in rosso l’inclinazione di sinistra ed in blu quella di destra.
In aggiunta è stato fatto un focus sul decennio 2008-2018 riguardante le percentuali di voto per i paesi europei anno per anno che sono riportate nella tabella colorata con un gradiente di viola tanto più è alto il valore percentuale.
La mappa a corredo raffigura, con lo stesso criterio cromatico, la situazione al 2018 che viene poi paragonata con i dati del 2008 nell’istogramma in cui, per ogni paese, le barre rappresentano la differenza sui dieci anni esaminati (indicando i cali numerici in toni di giallo).
Appare evidente che il populismo stia prendendo sempre più piede all’interno dell’Europa passando da poco più del 10% di voti (10,7 per l’esattezza) nel 1980 ad oltre il 22% (22,3) dello scorso anno.
Se all’inizio degli anni ’80 il fenomeno sembrava avere una tendenza decisamente più vicina alla sinistra, come dimostra il 9,6% paragonato al solo 1,1% della destra, a partire dagli anni ’90 c’è stata un’inversione piuttosto evidente che già sul finire dello scorso millennio vedeva una suddivisione piuttosto equa (5,7% per la sinistra, 6,1% per la destra) fino a diventare poi una prerogativa principalmente di destra, figlia di una preferenza elettorale più che doppia rispetto alla controparte (15,4% contro 6,9%).
La svolta populista dell’Italia
Analizzando i numeri riferiti all’anno scorso, tra i paesi europei che meglio rappresentano l’ascesa del populismo, spicca al primo posto l’Ungheria con più di due terzi dei consensi elettorali (68,9%) davanti a Grecia (seconda con il 57%) e Italia (56,7%), unici tre casi con oltre il 50% di rappresentanza.
Se come percentuale assoluta ci sono due paesi che ci precedono, lo stesso non si può dire per la differenza in relazione al 2008 visto che l’Italia ha fatto registrare una crescita di 41,4 punti percentuali nel corso degli ultimi dieci anni.
L’attuale governo coordinato da Movimento 5 Stelle e Lega Nord è la fotografia di un paese radicalmente rivoluzionato nella tendenza elettorale dei propri cittadini che in meno di un decennio hanno spostato oltre un terzo dei voti verso la scelta populista (15,3% nel 2008).
Sul fronte opposto, la Serbia è invece la nazione in cui si è verificato il calo maggiore passando dal 29,5% al 13,1% dello scorso anno, per una differenza complessiva di 16,4 punti, valore doppio rispetto a quanto registrato in Belgio (-8%) e Olanda (-7,6%), rispettivamente penultimo e terzultimo paese per differenza sul decennio.
Dal punto di vista della minore adesione assoluta al populismo elettorale, la Gran Bretagna si assicura le posizioni di testa con Irlanda a quota 4,1% (anche se in crescita dallo 0,7% del 2008) e Regno Unito fermo al 2,7% (in calo rispetto al 4,3% del 2008).